di FRANCESCO SCOLARO
Cronaca

"Vogliamo Frate Vincenzo", petizione per il cappellano

All'Opa di Massa una petizione per trattenere il cappellano “sfrattato”

Il sacerdote con alcune delle tante persone che gli vogliono bene

Massa, 28 luglio 2019 - Un colpo al cuore più profondo dell’ospedale Pasquinucci: una ferita che nessuno può guarire. Neppure qua, all’Opa, struttura simbolo dell’eccellenza per gli interventi al motore ‘mobile’ che anima il corpo umano. Oggi, su disposizione del vescovo Giovanni Santucci, termina il mandato da cappellano per frate Vincenzo. Un addio arrivato come un fulmine a ciel sereno. La comunicazione ufficiale è di giovedì: un preavviso brevissimo che lascia sgomenti ma con la voglia di battersi fino all’ultimo per far cambiare idea al vescovo e alla curia. Così ognuno si è dato da fare, come ha potuto: telefonate, appelli e una raccolta firme iniziata venerdì sera che ieri mattina aveva già raccolto 300 adesioni. Perché frate Vincenzo, 81 anni, dell’ordine dei Cappuccini, è l’anima stessa dell’ospedale del cuore Pasquinucci, ormai da 20 anni. Perderlo vorrebbe dire perdere un pezzo dell’Opa. Un uomo semplice e buono, capace di donare conforto e speranza con una carezza o una semplice parola. Nell’ospedale dove si cura il cuore, lui ripara le anime. Dei pazienti, dei familiari. Persino dei medici. "Una persona amata da tutti, una delle poche che è riuscita a smuovere le anime e a riavvicinare a Dio tante persone", sottolinea commosso Ettore Remoli, dirigente medico radiologo.

E subito dopo arriva la testimonianza, carica di emozione, della dottoressa Carla Luisa Susini, dirigente medico radiologo: «Quest’uomo, pur non facendo proselitismo di nessun genere, con il suo esempio era capace di approcciarsi a qualsiasi tipo di paziente e religione. E’ un raggio di sole qui dentro. E’ un essere spiritualmente elevato, con umiltà e senza giudizi verso nessuno, porta speranza e gioia, con una carezza, una parola. Non mettiamo in discussione le decisioni del vescovo ma la presenza di frate Vincenzo qui è preziosa per tutti. Io, per lui, mi sono riavvicinata a Cristo».

"Per noi è un punto di riferimento. E per lui noi siamo la sua famiglia – rimarca Umberto Paradossi, cardiologo dirigente medico -. Dovrebbe andare via da domani (oggi ndr). Lo vediamo girare con i cartoni in mano, mentre raccoglie le sue cose... ho pianto. Siamo rimasti sbigottiti. Per me è una cosa ingiusta".

I ricordi e le parole di affetto si sprecano in ogni reparto e corsia. La presenza di frate Vincenzo dentro l’Opa si sente ovunque. Nel presepe che ogni anno prepara all’ingresso della struttura, in quella piccola cappella dello Spirito Santo che lui chiama la sua ‘cattedrale’, dove ancora officia messa ogni giorno. Anche oggi, forse per l’ultima volta. L’ha costruita, dipinta e decorata negli anni con i doni delle persone guarite all’Opa: alle cornici le foto di tantissimi bambini, e molti adulti, che sono sopravvissute grazie all’operato dei medici, certamente, ma che lui chiama con affetto ‘i miracolati’. Tanti pezzi di cuore da cui dovrà separarsi entro poche ore. A meno che non accada un altro miracolo che faccia battere ancora il cuore più grande dell’Opa.