Arrighi, novant’anni di ricordi: "Quella marcia con gli Alpini. E il salvataggio in extremis"

Il veterano del sodalizio di Filattiera ha festeggiato a “La Pieve“ il compleanno rievocando storie dimenticate

Arrighi, novant’anni di ricordi: "Quella marcia con gli Alpini. E il salvataggio in extremis"

Arrighi, novant’anni di ricordi: "Quella marcia con gli Alpini. E il salvataggio in extremis"

L’incontro avvenuto domenica scorsa al ristorante “La Pieve“ fra alcuni componenti del Gruppo Alpini di Filattiera, Sezione Alpi Apuane, in occasione dei festeggiamenti per i 90 anni compiuti da Aldo Arrighi, veterano locale del sodalizio, hanno fatto riaffiorare una tragica storia dimenticata. Una vicenda non risalente al periodo bellico, bensì alla fine degli anni ’50, – in piena Repubblica – quando era in vigore il servizio di leva, la ’naja’.

"Era la mattina del 17 febbraio 1957 – ricorda Arrighi – avevamo trascorso la notte in una stalla nei pressi di Moso, all’imbocco della Val Fiscalina. La sveglia ci trova sotto una nevicata, sempre più intensa col passare del tempo. La Compagnia si inquadra e attende l’ordine di partire in marcia. “Dove andate con questo tempo?“ ci grida un vecchio dalla finestra di una casa del paese. “Siete una banda di matti, non vedete che tormenta?“. Ma noncuranti del pericolo, l’incoscienza e la spensieratezza dei vent’anni e con alla testa – racconta Arrighi – il capitano, forse anche lui un po’ incosciente e troppo spensierato, iniziamo la marcia che ci doveva condurre al Rifugio Locatelli e dopo alle Tre Cime di Lavaredo. Ricordo dietro di me le salmerie del Battaglione e il primo mulo, il cui conducente era Restori, un mio compaesano". Il racconto di Aldo, allora appartenente al Battaglione Bolzano della Brigata Alpina Tridentina, si increspa e la voce si carica d’emozione: "E allora avanti, si prosegue nella tormenta. Percorriamo ancora mezzo chilometro quando un piede mi si sprofonda giù nella neve – puntualizza – provo ad appoggiare le mani per terra quando sento una botta terribile e l’arrivo di un vento intenso. Cercavo di fare resistenza al trascinamento, quando vedo volarmi sopra le gambe dell’alpino Proclaner che mi precede. Trascinato via dall’impeto della valanga… E’ stata la mia mano sinistra, rimasta fuori dal muro di neve, a salvarmi e a guidare i soccorritori nel luogo dov’ero sepolto. Ormai non riuscivo più a respirare; anche il mio caporal maggiore Naldo Furia di Aulla è stato salvato in extremis. Non c’è la fatta purtroppo, assieme ad altri commilitoni, il conterraneo Eugenio Maffei di Crespiano nel Comune di Comano. Dopo aver recuperato le salme e curato i superstiti, ci portarono nella Caserma del 6° Alpi a Monguelfo, dove si celebrarono i funerali degli sfortunati amici, prima di consegnarli alle famiglie. Io, invece dopo tanti anni sono ancora qui. E mi sento davvero fortunato".

Roberto Oligeri