Il primo focus della ventesima edizione di Lubec ha visto protagonisti il presidente della Fondazione ‘Il Vittoriale degli Italiani’ Giordano Bruno Guerri e lo scrittore Paolo Nori. Il dibattito, dal titolo “Cultura e culture nella prossima Europa“ moderato dal presidente di Promo Pa Fondazione, è stato un aspro e divertente confronto su una tematica di grande attualità, per riflettere su quali sono i riferimenti culturali che sottostanno alla visione sovranista e a quella più marcatamente europeista del futuro dell’Unione. Tra le domande, come si può convivere con la nostra cultura nazionale e quella europea.
"Sono due fenomeni divergenti ma le radici ci dicono che sono comuni - ha risposto Giordano Bruno Guerri - Il tronco produce rami che prendono direzioni diverse, per fortuna. I cipressi sono belli ma sono tristi e cadono giù con più facilità. Tenere le distanze va bene se la propria cultura è aggredita o mal considerata, cosa che accade spesso. Uniformare tutto dall’alto è certamente una piccola grande violenza. L’europeismo è una forma di violenza, forse più del sovranismo perché traina i popoli a una velocità che i popoli non riescono a sopportare. Quasi tutte le grandi imprese, dittature e re dell’antichità, sono caduti perché volevano fare in pochi decenni progetti immensi. Un popolo può correre per cento metri, non per una maratona. Per i popoli l’unica forza è la cultura, che non è stata minimamente favorita e uniformata se non con la forza di qualche legge indotta. Credo che la cosa migliore che ha fatto l’Ue sia stato il progetto Erasmus, grandioso, intelligente e lungimirante. Per pensare al futuro la base è proprio questa".
"Sono nato a Parma e quando ero ragazzo era una prigione. A 22 anni, però, sono andato a lavorare in Algeria e poi in Iraq. Ogni volta che tornavo a casa, nonostante tutto, mi dicevo “ma quanto è bella?“, era quella casa mia. Era quella la mia Patria. La luce di Parma non la trovo da nessun’altra parte. L’UE per me è un concetto stranissimo, per me è troppo. Non capisco nemmeno i termini che sono stati coniati, come stake holders".
"In Italia - ha aggiunto Guerri - abbiamo abbracciato l’Europa sempre con entusiasmo, pensando a una mamma che risolve tutti problemi, che ci assicura un futuro meraviglioso. Con l’euro tutto questo si è smontato. Adesso uscire dall’Europa sarebbe la nostra rovina economica. C’è da augurarsi che si rafforzi, non che si indebolisca. Restiamo in Europa non per amore ma per convenienza".
Poi, una riflessione anche sul tanto chiacchierato “politically correct“.
"E’ una sciagura, un attentato - ha commentato Guerri - Si parla tanto di neo fascismo, ma quello vero è la strada del politicamente corretto. La situazione è molto preoccupante, perché non avrà mai fine. In futuro non si potrà nemmeno criticare un’idea politica divergente. Sarà sempre la maggioranza ad avere ragione".
"Non si possono avere costrizioni - ha concluso Nori - Noi scrittori mentre scriviamo ragioniamo con i polpastrelli, non con la testa. Le idee cambiano continuamente".
Durante l’incontro, l’attenzione si è spostata anche sulla Russia, ormai da anni presa di mira per il conflitto scoppiato in Ucraina. "I turisti non vengono in Italia perché amano Gentiloni, Giorgia Meloni o Mattarella - ha detto Nori - Essere russi non è una colpa, e puntare contro di loro il dito è razzismo. Non si può confondere la meravigliosa cultura russa con Putin".
Giulia Prete