
Fabrizio Vincenti, giornalista e scrittore, firma de La Nazione direttore del quotidiano online gazzettalucchese.it. Per Eclettica Edizioni ha pubblicato anche “Giuseppe Solaro, il fascista che sfidò la Fiat e Wall Street”, “Qui Ezra Pound” e “Welcome signor Mussolini”. E ora ha dato alle stampe, anzi alle ri-stampe – dopo appena tre mesi dall’uscita – il suo “A sognare la Repubblica, Bombacci con Mussolini a Salò”.
Vincenti, perchè Bombacci?
”Perché é un personaggio che riunisce tutte le principali correnti rivoluzionarie del ‘900: è stato segretario nazionale del Partito Socialista, ha fondato il Partito Comunista nel 1921 e a cui ha imposto la bandiera con la falce e martello, è morto accanto a Mussolini, aderendo alla Repubblica Sociale Italiana nella convinzione che, parole sue, “l’unico socialismo dal volto umano possa garantirlo Mussolini e non certo Stalin“.
Cosa incuriosisce di più?
”Bombacci ha traversato le grandi ideologie novecentesche, rimanendo un uomo senza un soldo in tasca che aveva a cuore le sorti dei più umili, ha compiuto, al contrario di tanti, il viaggio opposto: si è avvicinato al Fascismo quando ormai era al tramonto. E poi mi ha incuriosito la storia di amicizia tra lui e Mussolini: Marcello Veneziani nella bella prefazione che ha concesso al mio lavoro, dice che ci sarebbe materiale per un film: quanti sono quelli che per amicizia si fanno ammazzare?".
Ci sono oggi personaggi sulla scena politica che possono in qualche modo somigliargli?
”Credo che la statura morale e politica di un po’ tutti gli uomini della prima parte del Novecento sia incommesurabilmente superiore a quella dei politici odierni, ridotti molto spesso a camerieri di qualche interesse particolare. Associare Bombacci a qualcuno sulla scena attuale è davvero molto difficile, direi quasi impossibile”.
Cosa colpisce di Bombacci?
”Lui che aveva fondato il Partito Comunista ed era stato l’uomo di Mosca in Italia, bolla il Comunismo come “la più grande menzogna del secolo XX”. Lo dice uno che l’Urss l’aveva vista da vicino”.
Un suo gesto?
”Forse l’ultimo sguardo mentre lo stanno fucilando, senza nessun processo, in riva al lago di Como il 28 aprile insieme a molti gerarchi fascisti: tutti guardano il lago, lui guarda loro. Chissà, forse chiedendosi che ci faceva in mezzo a loro mentre i partigiani comunisti, epigoni di quel partito che aveva fondato, lo ammazzavano, o forse pensando a cosa può arrivare l’amicizia verso un compagno di gioventù come Mussolini, ritrovato nella fase finale della vita. E’ una foto drammatica e emozionante”.
Doveha attinto i documenti?
”In numerosi archivi del Centro e del Nord Italia, a partire ovviamente dall’Archivio di Stato Centrale di Roma, oltre a essermi basato su una corposa bibliografia”.
C’è un messaggio di fondo nel libro?
”La passione politica e la voglia di cambiare il mondo, anche a costo di rimetterci la vita, un percorso che associa tanti italiani anche su barricate opposte. E uno, che discende dal protagonista stesso, che farebbe bene al nostro momento storico: in politica si deve avere coraggio e coerenza”.
C’è un fil rouge nella sua attività letteraria?
”Faccio mie le parole di Giampaolo Pansa: Se la storia la facciamo raccontare solo a chi ha vinto, che storia è?”.
Laura Sartini