Suicida nel bagno dell'ospedale: tre medici nei guai

La Procura chiede il processo per omicidio colposo

Ospedale (foto repertorio)

Ospedale (foto repertorio)

Lucca, 12 luglio 2019 - LA PROCURA ha chiesto il rinvio a giudizio di tre medici dell’ospedale San Luca, due abitanti a Lucca e uno a San Giuliano Terme, per concorso in omicidio colposo. La vicenda è quella relativa al suicidio di un paziente avvenuto nella notte tra il 15 e il 16 maggio dello scorso anno in un bagno del Pronto soccorso. La Procura ha invece chiesto l’archiviazione per le due infermiere inizialmente indagate, ma ritenute non responsabili del’accaduto.

IL CASO piuttosto controverso sul quale è ora chiamato a decidere il gip ruota attorno alla morte di un 51enne di Fornaci di Barga. A denunciarlo era stato il fratello della vittima, con un esposto. Secondo l’accusa, i medici succedutisi in servizio quel giorno al San Luca avrebbero dovuto chiedere una nuova visita per valutare lo stato psichico del paziente, arrivato in ospedale dopo un tentato suicidio, oppure disporne il ricovero in Psichiatria. In quel reparto infatti, l’uomo non avrebbe potuto trovare strumenti utili a commettere l’estremo gesto, come invece fece nel bagno del Pronto soccorso, soffocandosi con un sacco di plastica, nel cuore della notte. In sostanza, per il pm Piero Capizzoto, i tre medici avrebbero dovuto attuare i protocolli previsti in casi come questo.

IL 51ENNE era giunto in ospedale al mattino dopo aver tentato di togliersi la vita tagliandosi le vene dei polsi sulla tomba della madre, scomparsa di recente. La diagnosi era quella di tentato suicidio. Era in ipotermia e presentava ferite ai polsi. Uno psichiatra l’aveva visitato, ma poi il paziente era stato trattenuto in Obi (osservazione breve intensiva) per curare le varie ferite e lo psichiatra aveva chiesto al reparto di essere ricontattato per una nuova valutazione. Per la Procura il medico del Pronto soccorso non fece presente questa richiesta ai colleghi dell’Obi, che a loro volta non approfondirono il caso e il 51enne rimase lì anche per la notte senza un’ulteriore valutazione del suo stato. L’uomo, rimasto solo e recuperate in parte le forze, verso le 3.30 di notte mise poi in atto il proposito suicida che era fallito al mattino. Con una gestione diversa del suo caso in ospedale, si sarebbe potuto salvare? E’ l’interrogativo di fondo di questa inchiesta, che non può neppure trascurare l’oggettiva dfifficoltà di impedire i propositi suicidi di una persona disperata. avuto conseguenze anche nell’organizzazione dei reparti ospedalieri. Di certo dopo questo tragico episodio, l’Asl aveva disposto servizi di sorveglianza personalizzata per la prevenzione del suicidio proprio nell’area del Pronto soccorso.

Paolo Pacini