
Calzaturificio (Foto d'archivio)
Lucca, 2 ottobre 2014 - Hanno patteggiato ieri davanti al gup Pezzuti i tre imprenditori accusati del crac del calzaturificio «Cibernella» di via Pesciatina a Lappato, una clamorosa vicenda balzata agli onori della cronaca il 2 settembre 2013, quando i dieci operai al rientro dalle ferie trovarono a sorpresa il portone chiuso e il capannone svuotato. Nessun preavviso e anche una beffa: tutti i beni e i macchinari, nonché i relativi contratti di leasing, compresa un’auto Citroen C5, erano stati infatti ceduti gratuitamente a un’altra società, la «Gardenia Sas», che aveva aperto in via dei Gheghi 25 a Segromigno. Era sparita anche merce per 158mila euro ordinata allo scatolificio Sabatini di Cerreto Guidi. Sul capannone di Lappato campeggiava anche la scritta «affittasi». Ma per gli inquirenti si era trattato di una manovra per occultare la prosecuzione della stessa attività. Ora arrivano le prime sentenze per concorso in bancarotta fraudolenta. Due anni e due mesi di reclusione (senza benefici) la pena per il titolare del calzaturificio, Albano Biagini 44 anni di Collodi; due anni (pena sospesa) per Marco Riccomini, 53 anni di Livorno amministratore della «Gardenia sas»; sedici mesi (pena sospesa) per Stefano Giustozzi, 51 anni di Cascina, subentrato nelle ultime settimane come amministratore della «Cibernella». Tra le parti lese, oltere allo scatolificio Sabatini, c’è anche la società Atempo Spa con la quale erano stati stipulati tra maggio e luglio 2013 contratti di somministrazione di lavoro destinati a rimanere inadempiuti. Una fine davvero ingloriosa per un progetto che lo stesso Biagini un anno e mezzo prima aveva sbandierato come possibile alfiere del rilancio del settore calzaturiero di Lucca.