CLAUDIO CAPANNI
Cronaca

Uccisa a coltellate, l'accusato fa scena muta

Il 36enne accusato di essere il killer si è avvalso della facoltà di non rispondere. La famiglia lavora il rientro della salma in Romania

Raluca Elena Serban

Lucca, 24 aprile 2021 - Scena muta davanti al gip del Tribunale di Aosta. Gabriel Falloni, il 36enne operaio sardo in carcere con l’accusa di essere l’omicida di Raluca Elena Serban, la 31enne residente a Lucca, ma trovata morta nel suo appartamento di Aosta domenica scorsa, si è avvalso della facoltà di non rispondere. L’operaio prima dell’interrogatorio ha negato di essere responsabile dell’omicidio. Gli agenti della Mobile di Aosta lo avevano intercettato a bordo di un taxi sulla Statale 26 che porta a Nus, Comune di 3mila anime a 30 chilometri da Aosta, giovedì, dopo una caccia all’uomo durata giorni. Una notizia appresa con sollievo dalla famiglia di Raluca, in questo momento ad Aosta per seguire da vicino le operazioni di rientro della salma. La volontà della famiglia, assistita dall’avvocato del Foro di Lucca, Maurizio Campo, sarebbe quella di far arrivare il feretro in Romania, a Galati, città natale della donna e di seppellirla lì.

Il nulla osta della Procura è arrivato nei giorni scorsi dopo che è stata effettuata l’autopsia i cui esiti saranno consegnati al sostituto procuratore entro 60 giorni. L’esame avrebbe comunque confermato la morte della 31enne per una ferita da taglio nella parte sinistra del collo: la donna sarebbe stata afferrata da dietro e ferita a morte, senza avere la possibilità di difendersi. La Procura di Aosta intanto ha disposto alcuni accertamenti irripetibili nell’appartamento di viale dei Partigiani, ad Aosta, dove la donna viveva e si era trasferita lasciando Lucca da una ventina di giorni.

Le perizie serviranno a mettere gli inquirenti sulla strada giusta per cercare l’arma del delitto: la lama che ha inferto il colpo mortale alla 31enne manca ancora all’appello. E’ sul suo manico che si nascondono le tracce che potrebbero incastrare o scagionare il 36enne. La posizione dell’operaio sardo resta comunque molto delicata. Contro di lui c’è un castello probatorio non di poco conto, raccolto dalla Mobile d’Aosta. L’uomo, sabato giorno in cui la 31enne è stata uccisa, le ha telefonato alle 18.20. Le telecamere del palazzo in cui è morta Elena, appena fuori dal centro di Aosta, lo hanno ripreso sempre alle 18.20 di sabato: parlava al telefono e poi è entrato nello stabile. Aveva probabilmente fissato un incontro con la vittima. È uscito 35 minuti dopo, con in mano un borsone pieno. Proprio in quei 35 minuti il 36enne secondo la Polizia avrebbe ucciso Elena "con l’aggravante della crudeltà". Il borsone invece è lo stesso che gli agenti lo hanno trovato nel taxi diretto a Nus, pieno di soldi. Resta da capire se quei soldi fossero di proprietà dell’uomo oppure sottratti alla donna. In quel caso, per gli inquirenti il movente potrebbe essere una rapina degenerata in omicidio.

Il sospetto killer e Raluca si erano già incontrati. Mesi fa la donna era già stata ad Aosta dove aveva preso in affitto il piccolo appartamento di viale dei Partigiani. Da quella casa, 10 minuti prima della telefonata col killer, Raluca aveva videochiamato la sorella Aleksandra che vive a Lucca. Ma la linea era caduta e Aleksandra le aveva inviato un cuore su WhatsApp. Elena aveva risposto. Ma già alle 18.37, quando un cugino dalla Romania telefona a Raluca, la donna non era più reperibile. Quando alle 21, Aleksandra vede che la sorella non visualizza i messaggi parte per Aosta. Arriva all’alba, alla casa di viale dei Partigiani. Dentro Raluca è già morta.