
Oltre 2mila chilometri in bici : "La fatica mi fa sentire vivo"
Quando la fatica diventa un fattore spirituale. Come fosse un modo per riavvicinarsi al fratello, scomparso anni fa a causa di un tragico incidente di paracadutismo. Emiliano Galli, di Colle di Compito, moglie e due figli, un lavoro come designer in una azienda altopascese, tesserato per l’associazione Torretta bike di Porcari, è comunque un esperto di ciclismo estremo. Una disciplina immane, sempre al limite ma che ti lascia il tempo di riflettere, che si trasforma in valvola catartica, in un mondo frenetico come quello in cui siamo quotidianamente immersi. Partito da Mentone, ha scalato tutti i valichi alpini da ovest verso est, Svizzera e Francia comprese. Pochi giorni fa ha incrociato la carovana del Tour de France, ad esempio. Si è dovuto fermare un paio di giorni per il maltempo, poi si è arrampicato sul Mortirolo, reso famoso oltre vent’anni fa da Pantani. Poi è arrivato nei pressi di Trento dove, nel 2017, il fratello perse la vita.
Si è cimentato con il cosiddetto "Everesting", la scalata di varie montagne che, sommate, dovranno raggiungere la quota della catena montuosa più famosa e più elevata sul pianeta Terra: gli 8848 metri dell’Everest.
"La sofferenza, in senso sportivo, mi fa sentire vivo – racconta l’atleta – e l’incidente di mio fratello ha accentuato tutto ciò. C’è questa possibilità di macinare chilometri, è una esperienza notevole sotto il profilo umano, tutta in solitario. Ti devi organizzare per tutto. Ho una bici che pesa circa 25 chilogrammi, in assetto bike packging più lo zaino, perché piena di borse e di attrezzature ed è davvero arduo spingerla su certe pendenze. Poi ci sono gli imprevisti, l’altro giorno ho rotto una ruota e ho dovuto aggiustarla. Faccio pasti regolari, qualcosa lo tengo di riserva, perché a volte per km non c’è nulla, solo la maestosità della natura. Una bufera d’acqua mi ha costretto a rifugiarmi in un magazzino, sennò dormo nei prati. Diciamo che esco spesso dalla comfort zone, come si suol dire".
I chilometri totali saranno 2200 per 45mila metri di dislivello. Al termine dell’impresa, dopo 12 giorni e mezzo, ha scalato i colli transalpini più famosi: Izoard, Vars, Moncenisio, Echelle, Galibier, Alp d0Huez, Grandon, Col de Fer e poi quelli elvetici: Piccolo e Gran San Bernardo, Nufen Pass (dove Emiliano ha rotto la ruota) e molti altri. Poi ha terminato con Stelvio, Mortirolo, Tonale, Campo Carlo Magno e arrivo a Dro. Al ritorno, tanto per gradire salirà anche su Passo delle Radici e San Pellegrino in Alpe.
Massimo Stefanini