PIERO CECCATELLI
Cronaca

Lucca: viaggio nel Museo della Follia tra arte, dolore, rivalità

Sgarbi: «Tobino e Basaglia sempre avversari». La nipote Isabella: «È ora di riconciliarli»

Vittorio Sgarbi al museo della Follia (Alcide)

Lucca, 27 febbraio 2019 - Vittorio Sgarbi percorre la sale del Museo della Follia a passo svelto, imbattendosi in conferme e sorprese riguardo alle opere e alle installazioni esposte. Strizza l’occhio alla squadra che applica il suo pensiero alle mostre e che «ormai è in grado di prevedere ciò che potrei dire, tale è la conoscenza e l’affiatamento fra di noi». Il sopralluogo alla mostra alla vigilia dell’apertura è la conferma che è vero quanto si legge all’ingresso «Entrate, ma non cercate un percorso, L’unica via è lo smarrimento».

Le pareti nere, le luci concentrate sulle opere, il buio che rappresenta anche la condizione dell’animo e dell’anima di fronte alla follia. Tutto porta a disperdersi nell’irrazionale. Con un’eccezione di carattere storico e di forte impatto locale: la stanza di Mario Tobino a Maggiano, con la Olivetti sulla scrivania, il lettino, le carte, i quadri è ricostruita in una sala. Non vi si accede che con lo sguardo, da feritoie alle pareti: della follia, se non la si sperimenta, non si può che essere testimoni.

Di fronte alla stanza di Tobino, essenziale come una cella, la sala dedicata a Basaglia, Rivalità, fra i due, con il secondo paladino della riforma della psichiatria collegata alla chiusura dei manicomi e il primo eletto a difensore della conservazione, della certezza che il manicomio è la sola cura per la follia. Tobino e Basaglia come Coppi e Bartali. Per l’uno o per l’altro. Divisivi. «Non è vero – spiega in conferenza stampa Isabella Tobino nipote del medico e scrittore, presidente della Fondazione a lui intitolata. «Occorre superare la contrapposizione: non erano così in contrasto, accomunati dal porre il malato al centro di tutto. Vivevano per lui e per il suo riscatto. Va eliminato lo stigma della follia».   Con garbo che quasi fa torto al suo cognome e alla sua vis polemica che tutto travolge Vittorio Sgarbi nega la “variabile conciliatrice” di Isabella Tobino. «Tobino fu uomo di cuore laddove Basaglia lo era di idee. L’uno agiva per umanità, l’altro per ideologia, uno per sentimento, l’altro per ragione». La metafora corre a una legge che cambiò l’Italia a fine anni ’50; l’abolizione delle case di tolleranza. Il paragone è scivoloso, Sgarbi conserva un difficile equilibrio.

«Chi chiuse le case di tolleranza non liberò le prostitute, ma le consegnò alla schiavitù del pappone, alla paura. Parimenti, senza i manicomi i folli furono consegnati a un’illusoria libertà, si sentivano liberi dentro finché trovavano medici come Tobino». Di qui, la profezia che Salvini assurgerà al 50% dei voti riaprendo le case chiuse e la convinzione che i manicomi con la loro reclusione chiamavano i folli alla sola fuga che li avrebbe riscattati: quella attraverso l’arte». E la conclusione di Sgarbi che fra Basaglia e Tobino non vanno cercate «conciliazioni “troppo eccessive”» (sic). La mostra li pone di fronte, ma non assieme, secondo la vulgata sgarbiana. Nemici miei, per sempre.