REDAZIONE LUCCA

Le tabaccaie e la Manifattura tra storia e lavoro

Nel libro di Simonetta Simonetti edito da Tralerighe l’occupazione femminile e i legami con la città

L’editore Tralerighe ha pubblicato il libro “Storia del lavoro femminile. La manifattura tabacchi di Lucca, una fabbrica di pubblica utilità” di Simonetta Simonetti. Il saggio, sostenuto dalla Fondazione Banca del Monte di Lucca, fornisce un ampio e vasto terreno per conoscere l’intera vicenda. Dalla storia del tabacco, alla sua diffusione e all’uso, così come la “scoperta” lucchese, la fabbrica, il lavoro femminile che è declinato, in questo particolare opificio, dal mestiere artigiano e manuale delle sigaraie.

Centinaia di donne lucchesi che in una “fabbrica insalubre” costruiscono il futuro dei loro figli, che crescono nell’incunabolo, lo spazio che l’azienda ha creato per sostenere le madri e per non perdere l’esperienza delle donne sigaraie, difficili da sostituire. Il saggio è occasione per ricostruire la storia delle leggi che hanno mutato il lavoro femminile. Il rapporto tra Lucca e il tabacco iniziò ufficialmente, secondo Cesare Sardi, nel 1649, quando venne concesso l’appalto di smercio al milanese Silvestro Marselli.

A Lucca un opificio tabacchi verrà istituito a inizio 1800. La macinazione del tabacco era effettuata in un mulino a S. Pietro a Vico di proprietà della famiglia Orsolini. La sede si trovava in via della Rosa 12. Tale realtà fu però soppressa nel 1808 e l’amministrazione dell’azienda venne incorporata in quella francese. In altre parole i lucchesi furono costretti a comprare il tabacco d’oltralpe. Poi la Restaurazione con il trasferimento in una parte della Cittadella con i primi appalti e contratti per la lavorazione e la fornitura. Nel 1861, con l’Unità d’Italia, a Lucca nacque ufficialmente la Regia Manifattura tabacchi. L’organico era composto da 13 ufficiali superiori, 165 tra ufficiali inferiori, e 500 sigaraie cottimanti. Le cottimanti erano per lo più molto giovani, ragazze, bambine di 11 anni qualificate come “fanciulle avventizie” fino ai 15 anni, da quella età ai 17 anni venivano inquadrate come “avventizie in ruolo”. La produzione annua era di circa 300 quintali di sigari, 139 di polveri, 65 di trinciato.

Nel primo decennio del ‘900 nello stabilimento lavoravano 111 operai e 1.400 donne con l’aiuto di 45 macchine operatrici. Tra gli anni Venti e Trenta in Manifattura lavoravano 3.000 persone che trasformavano circa duemila tonnellate di tabacco. Le strutture dell’intero sito manifatturiero vennero sottoposte a significativi restauri e a un ampliamento con la costruzione di un nuovo edificio affacciato su Piazzale Verdi. Superata la guerra la fabbrica, salvata dal proprio personale, riprese il lavoro. Integrate le donne sigaraie “polesi” giunte da Pola a seguito dell’Esodo, la fabbrica dovette fare i conti con la concorrente sigaretta e poi la diffusione della peronospora tabacina, malattia della pianta di tabacco e la legge del 10 aprile 1962 che introdusse il divieto di pubblicità ai i prodotti da fumo.

L’abbandono dei campi per le città fece poi crollare la produzione nazionale del tabacco e l’importazione ben presto coprì buona parte del mercato. Le manifatture entrarono in crisi e alla fine di un lungo salvataggio Lucca – tra le poche rimaste aperte – seppur ridimensionata tornò a produrre i sigari.