
Il rosmarino tecnologico
Nel 65 dC, i Romani, sempre più assetati di oro, avendo ormai sfruttato e distrutto i due fiumi auriferi italiani (Dora Baltea e Dora Riparia, fiumi dorati) indirizzarono le loro attenzioni “ambientaliste” alle Asturie in Spagna, montagne inviolate, rifugi di Aquile reali e Condor. Per primo costruirono in cima ai monti un enorme invaso per la raccolta dell’acqua piovana; poi, partendo da lì, scavarono centinaia di gallerie che dalla cima si indirizzavano verso
la pianura; Sacrilegio ambientalista che Plinio il Vecchio denominò “Ruina montium” (distruzione dei monti); una volta l’anno in primavera dopo le piogge veniva aperto l’invaso e milioni di litri di acqua indirizzati nelle gallerie portavano a valle, per ruscellazione, pietrisco e pagliuzze d’oro. Ma il problema era proprio a valle; in una terra, resa palude dall’acqua, era difficile isolare l’oro.
Ma i Romani erano geniali; piantarono in queste pianure milioni di piante di rosmarino; in estate l’acqua liberata dall’invaso evaporava, la melma si prosciugava e le pagliuzze d’oro rimanevano attaccate al rosmarino; bastava quindi scuoterle per raccogliere l’oro. Ma noi questi problemi non ce l’abbiamo e quindi usiamo il rosmarino per scopi diversi. In fitoterapia una tisana di rosmarino è utilissima per depurare il fegato, curare le cefalee, abbassare l’uricemia ed alzare la pressione arteriosa negli ipòtesi. Ottimo anche utilizzarlo in antichi “suffumigi” insieme a lavanda, timo ed eucalipto; in due litri di acqua bollente si versa una manciata del mix di erbe; poi, asciugamano sulla testa, si respirano profondamente i vapori. Le sostanze aromatiche volatili che si liberano hanno un forte potere antivirale e decongestionante della mucosa nasale. In questo modo raffreddori e laringiti guariscono in metà tempo ed il tutto senza spendere una lira e senza effetti collaterali.