
Si muovevano come un commando ed erano armati fino ai denti. Uno scanner per intercettare la radio delle forze dell’ordine, un bouquet di targhe rubate o colonate per andare in scena, esplosivo per far saltare i bancomat e una pistola semiautomatica. L’arsenale, secondo la procura di Padova, è servito a una banda composta da cinque pregiudicati lucchesi e trevigiani, tutti giostrai di etnia sinti, per mettere a segno una raffica di colpi esplosivi ai bancomat tra le province di Empoli, La Spezia, Pisa e Massa, tutti lo scorso febbraio. Oltre a tre colpi sospetti tra Lucchesia e Versilia: al postamat di via Nottolini, allo sportello di viale San Concordio e alla filiale di Querceta della Cassa di Risparmio di Carrara. Il tutto aveva fruttato un bottino di 250mila euro in contanti.
Ieri per la banda è calato il sipario con l’arresto eseguito dai comandi provinciali dei carabinieri di Lucca e Treviso, su richiesta del gip di Padova. L’accusa: furto aggravato continuato, detenzione e porto abusivo di armi, esplosivo, riciclaggio e favoreggiamento personale. Il primo a finire in manette è stato Liliano Ferri, 48enne residente ad Altopascio con numerosi precedenti, arrestato nella sua abitazione. Con lui anche Janco Major, 46 anni di Treviso, Naika Gabrieli, 40 anni di Istrana (Tv), Laki Grisetti, 26 anni di Castelfranco Veneto (Tv) e Guido Dejan Negro, 25 anni di Viareggio trovato a Prato. Inoltre, è stata anche rintracciata e finita in manette la latitante Chiara Colombo, moglie di uno dei componenti della banda, che deve scontare una condanna a 5 anni e 10 mesi.
La banda, per gli spostamenti e le fughe durante i colpi notturni si serviva di auto di grossa cilindrata, provento di rapina o furto, dotate di targhe rubate e clonate, che venivano poi nascoste in garage garage e immobili affitati per conto di prestanome o complici. Il blitz dei carabinieri è scattato all’alba insieme a 14 perquisizioni nei confronti di nove soggetti di etnia sinti. Massiccio lo spiegamento di forze: impegnati oltre un centinaio di militari di diversi Reparti delle regioni Toscana, Veneto, Lombardia e Liguria, con l’ausilio di unità cinofile antiesplosivo, Nucleo
Elicotteri e mezzi dei vigili del fuoco.
Le indagini sono nate da un paziente e minuzioso lavoro dai nuclei investigativi dei comandi di Treviso e Lucca che tramite intercettazioni e pedinamenti sono riusciti a risalire i fili della ragnatela criminale. La banda infatti sfruttava i campi nomadi tra Viareggio, Sarzana, Grosseto e Massa Carrara ma anche Treviso e Brescia per farsi scudo e nascondersi dietro un muro d’omertà. Oggi si trovano nelle carceri di Lucca e Treviso.
cla.cap