L'indifferenza che uccide

Il commento del caposervizio della redazione di Lucca

Remo Santini

Remo Santini

Lucca, 10 aprile 2016 - Quando un pezzo di storia se ne va, dovremmo fare tutti una riflessione, quindi chiederci perché siamo arrivati fino a questo punto, capire in quale situazione siamo sprofondati e dove stiamo andando. Invece niente. Tutto fila via senza nessun sussulto. O quasi. Sì, certo, la curiosità di capire cosa è successo c’è, poi tutto finisce lì. Invece bisognerebbe reagire, discuterne: ma nulla. E’ il caso di una delle notizie più amare degli ultimi anni, per Lucca: la chiusura dello storico negozio Tenucci nel cuore del Fillungo, e di quello in piazzetta dell’Arancio: una vicenda in cui si mescolano un blitz della Finanza per presunta evasione fiscale e una maxi-cartella di Equitalia da 900mila euro che ha portato al sequestro della merce. E così finisce in soffitta un’attività che ha 150 anni di storia e 4 generazioni alle spalle.

Arriverà il fallimento, che in pratica lunedì sarà sancito da Umberto e dalla sua famiglia con la consegna dei libri contabili in tribunale. Senza voler entrare nel merito dell’inchiesta, che farà il suo corso, a suscitare sorpresa è il silenzio delle istituzioni. I politici sono sempre smaniosi di avere una foto in più sul giornale o un articolo su qualsiasi argomento. Stavolta però tacciono. E dai palazzi non arriva nemmeno un semplice «mi dispiace»: perché esporsi pubblicamente è compromettente, se ci sono di mezzo indagini e contestazioni. Senza pensare che non si tratta tanto di prendere le difese, piuttosto di avere rispetto verso chi ha fatto la storia dell’economia cittadina. Condivisibili le parole della Confcommercio: non solo senza Tenucci la città sarà più triste e povera, ma per quanto sta accadendo al comparto va fatta una valutazione seria su un sistema bancario sempre più lontano dalle aziende e che ha ingessato il credito, e sulle scelte penalizzanti fatte dal Comune nell’ultimo decennio sul centro storico. Come se non bastasse, ci sono tanti avvoltoi che stanno speculando su una parte di lucchesità che ci dice addio. E’ a chi gode delle disgrazie altrui che va tolto il nostro rispetto, non certo a una dinastia di imprenditori dell’abbigliamento che è stata un simbolo e continuerà ad esserlo, ci auguriamo, con le altre attività o nuove scommesse. Anche le cattiverie e l’indifferenza, purtroppo, uccidono.

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