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Asili nido, la beffa dei controlli antisismici. Lotta contro il tempo: a rischio 250 posti

Palazzo Orsetti li ha chiesti ai privati. Ma i costi sono altissimi

Un asilo nido

Lucca, 9 luglio 2014 - Asili nido, ecco il terremoto. Una buona parte delle strutture per la prima infanzia del comune di Lucca rischia seriamente di non avere i requisiti per ottenere l’autorizzazione per i servizi educativi che dovrà essere concessa entro fine agosto. Alla base delle difficoltà, il Regolamento di attuazione emesso dalla Regione Toscana poche settimane fa. All’articolo 50 si fa riferimento al rispetto della normativa vigente in materia di antisismica per gli edifici che ospitano i nido, traendo spunto da una legge del 2008. Proprio questo riferimento avrebbe indotto gli uffici comunali di Lucca, a differenza di altri Comuni, a chiedere esplicitamente agli asili privati, nel modulo per la dichiarazione sugli standard e le caratteristiche strutturali per i servizi educativi, di dichiarare se il fabbricato è stato oggetto di verifiche di vulnerabilità sismica oltre a depositare la relazione presso il Genio Civile. Un controllo costoso, alcune migliaia di euro, da effettuarsi praticamente in tempi brevi, dopo anni in cui non era mai stato richiesto, e finalizzato a prescrivere gli eventuali successivi lavori da effettuare alla struttura. Un controllo complesso, perché a cura del proprietario del fabbricato dove è presente l’asilo nido. E da effettuare anche nelle porzioni dell’edificio che non sono utilizzate, ma che potrebbero, in caso di sisma, procurare identici problemi alla struttura che ospita i bambini tra gli 0 e i 3 anni. Così, per circa dieci asili privati, che raccolgono oltre 250 bambini, l’empasse è dietro l’angolo, con l’aggravante che in un caso l’edificio è di proprietà comunale e palazzo Orsetti avrebbe già detto di non avere il denaro per effettuare i controlli. Una beffa. Raddoppiata dal fatto che i controlli antisismici non sarebbero mai stati effettuati, nemmeno nei sette nidi d’infanzia a titolarità comunale, ovvero di proprietà comunale ma appaltati a cooperative, senza peraltro che in alcuni casi si sia dato vita a una nuova gara ma rinnovando di anno in anno l’affidamento. In pratica gli edifici a norma sarebbero pochissimi anche in questo caso, ma, in aiuto del Comune, arriverebbe una presunzione tutta italiana, ovvero che gli edifici pubblici devono avere per forza i requisiti: come fa del resto lo Stato a ammettere di essere esso stesso inadempiente nei confronti di una sua legge? Dunque gli edifici comunali rispetterebbero di diritto la normativa. Un bel guazzabuglio, che dalle parti di palazzo Santini, a partire dall’assessore alle Politiche Formative Ilaria Vietina, anche dopo alcune riunioni, non hanno ancora capito come risolvere. La tensione è palpabile, per quanto si siano date rassicurazioni che, in qualche modo, verrà trovata una via di uscita. Le settimane stanno passando e fine agosto si avvicina. Si spera in qualche intervento dai piani alti, ovvero dall’associazione che raggruppa i comuni italiani o dalla Regione stessa, che possa fornire una interpretazione meno stringente. Altrimenti potrebbe essere il caos. Anzi, un terremoto. Appunto.