"Emergenza covid, è sulle donne che ricade il peso. Un vecchio problema, oggi più grave"

Intervista a Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl

 Annamaria Furlan (Lapresse)

Annamaria Furlan (Lapresse)

Firenze, 30 aprile 2020 - Una crisi che colpisce tutti, ma soprattutto le donne, che durante l'emergenza sono state in prima linea negli ospedali, nelle Rsa, a lavoro come in famiglia. In questa fase la differenza di genere sembra amplificarsi. Secondo Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl, «è un problema serio». 

Saranno le donne a pagare il conto più salato di questa emergenza? 

«Le donne sono state in prima linea in queste settimane contro l'emergenza covid nelle corsie degli ospedali, nei settori produttivi essenziali, nel commercio, nei servizi sociali. Uno sforzo straordinario. Un lavoro encomiabile che spesso non viene riconosciuto a sufficienza dalle istituzioni, dai datori di lavoro e dalla società. Le difficoltà che ogni famiglia sta affrontando si riversano in parte maggiore sulle donne per un problema sociale e culturale ancora irrisolto nel nostro Paese». 

Manca  un'efficace politica di conciliazione tra famiglia e lavoro delle donne?.

«Siamo molto indietro rispetto ad altri paesi europei. Con le scuole chiuse sia le donne che hanno continuato a lavorare sia quelle che lavorano da casa si sono ritrovate amplificate le difficoltà di conciliazione che da sempre devono fronteggiare. Se poi si aggiunge la questione dei genitori anziani da accudire è evidente che il carico è davvero eccessivo. Ecco perché stiamo chiedendo di prorogare e potenziare i congedi per l’emergenza covid. Ci e’ stato assicurato che questa misura sarà nel nuovo decreto del Governo».

Questa situazione è figlia comunque di problematiche già presenti prima della crisi...

«E' il vero problema. Per questo non bastano le misure tampone, ma serve affrontare queste problematiche con misure a regime. In una fase di difficile risalita da una grave recessione, dobbiamo mettere al centro dell’agenda politica misure per favorire l’ingresso e la permanenza delle donne nel lavoro. Questa resta la priorità. Occorre una maggiore flessibilità di organizzazione del lavoro e degli orari, una valutazione basata sul risultato, un miglioramento dei congedi parentali, dei servizi per bambini e anziani, degli orari e dei trasporti pubblici delle grandi città. Anche la contrattazione collettiva può fare molto. Per questo stiamo chiedendo al governo finanziamenti per sgravi contributivi per le aziende in cui vengano siglati accordi collettivi con misure di conciliazione».

Il lavoro agile può servire?

«E' tra le misure da incentivare. Non  va considerato uno strumento che, in via eccezionale, ha consentito di lavorare rispettando il distanziamento, ma va utilizzato largamente nel post-covid per il contributo alla conciliazione vita-lavoro, alla produttività, al decongestionamento del traffico urbano e all’ambiente. Naturalmente andrà superata la formula esclusiva a  favore dell’utilizzo per alcuni giorni a settimana, con obbligo di accordo individuale e collettivo per garantire condizioni equilibrate di utilizzo in particolare relativamente al diritto alla disconnessione. E speriamo che ci sia finalmente la definizione di un sostegno economico alle famiglie con figli». 

In questa situazione di isolamento sono emerse anche tutte le difficoltà delle donne vittime di violenza. Cosa ne pensa? 

«Sono fatti gravi, vergognosi, indegni in un paese civile. Tante donne hanno paura a denunciare queste forme di violenza che avvengono tra le mura domestiche. Ecco perché bisogna fare molto di più per aiutare queste donne. Oltre al rispetto delle leggi, al sostegno per le vittime ed alla diffusione dei centri antiviolenza, occorre una grande battaglia culturale, fin dai primi anni dell'infanzia, per educare tutte le persone al rispetto della donna in ogni contesto sociale. Bisogna contrastare tutte queste forme di violenza sulle donne, le molestie nei luoghi di lavoro, i ricatti, le intimidazioni. Stiamo siglando accordi importanti con le nostre controparti per prevenire e contrastare questi fenomeni, sostenendo tutte le donne vittime di queste aberrazioni. E’ una battaglia civile e sociale, sapendo che il lavoro stabile ben retribuito resta lo strumento principale per una effettiva emancipazione e libertà della donna». 

Ci sono donne sole, spesso con figli da crescere, che hanno esaurito a inizio 2020 la Naspi e non riescono più a trovare un lavoro. A loro non sono andati i 600 euro. E' una situazione, questa, che percepisce come diffusa nel Paese?

«Purtroppo diversi soggetti sono rimasti esclusi dai provvedimenti del Cura Italia e stiamo facendo di tutto per poterli vedere recuperati nel nuovo decreto. Tra questi ci sono spesso le donne, con situazioni di disoccupazione o lavoro nero alle spalle. Una situazione gravissima si sta verificando per  colf e badanti, quasi tutte donne che, sia con contratto regolare, sia con rapporto di lavoro in nero, sono rimaste escluse da ogni provvidenza. Abbiamo chiesto che anche per loro sia prevista l’indennità da 600 euro. Sul tema della Naspi scaduta o in scadenza, ne abbiamo chiesto la proroga, del tutto giustificata dal fatto che non vi è possibilità, in questa fase, di trovare un nuovo lavoro. Più in generale per queste persone invisibili rimaste escluse da altre misure il Governo sta pensando ad un reddito di emergenza che ancora non si capisce come sarà strutturato. Noi riteniamo che, più che creare un nuovo strumento,  convenga intervenire sul reddito di cittadinanza in modo da renderlo più efficace e  adeguato all’attuale contesto con un  potenziamento delle risorse ed una modifica della scala di equivalenza a favore delle famiglie con minori e numerose».