Velisti dispersi. "Sono stati speronati. E l’altra imbarcazione non li ha soccorsi"

La disperazione della madre di Aldo Ravello

Velisti dispersi. La rotta seguita dalle Azzorre fino al punto di scomparsa

Velisti dispersi. La rotta seguita dalle Azzorre fino al punto di scomparsa

Castelnuovo Magra (La Spezia), 7 maggio 2018 -  Era seduta sul dondolo perché a stento si reggeva in piedi. Nelle mani teneva il cellulare e lo fissava insistentemente, come se ‘invocasse’ una telefonata da parte di suo figlio. Maria Gisella, 73 anni, la madre del velista  disperso  Aldo Revello, ieri è letteralmente crollata. Dopo giorni in cui ha cercato di vincere l’ansia, di pensare positivo e di fare coraggio a tutti, ieri è scoppiata nel pianto e nella disperazione.

Avvicinandoci a lei, abbiamo respirato tutto il dolore di un’anziana madre che ha perso la speranza di rivedere il figlio. Signora, cosa pensa che sia successo?

«Secondo me Aldo e Antonio sono stati speronati da un’altra imbarcazione. E chi li ha urtati, l’ha poi lasciati lì. Ma che cuore possono avere queste persone? Aldo non avrebbe mai abbandonato il timone e avrebbe dato soccorso a chiunque. Era esperto, conosceva quel mare, era la terza volta che andava ai Caraibi. Sapeva come fronteggiare le emergenze. E se me lo avessero rapito? Magari in quelle acque navigano i pirati. Ormai non so più cosa pensare, mi scoppia la testa».

Come si sente?

«Non credo più a nulla, mi sembra che tutto sia inutile. Ho perso qualsiasi speranza. Ma voglio sapere, pretendo di sapere se mio figlio è vivo o morto. Sono pronta a fare appello al Papa: qualcuno mi dica che fine ha fatto mio figlio». Sua figlia, Jenny, dice che Aldo è talmente un bravo velista che sa orientarsi semplicemente guardando il cielo.

È così?

«Sì, Aldo è davvero in gamba. È anche un ottimo sub, è arrivato a 60 metri sott’acqua e ha insegnato facendo ottenere i brevetti. A 7 anni non voleva i giochi come gli altri bambini, ma voleva le boline. Pensi che aveva una scatola dove teneva tutto il materiale per progettare la sua barca. Mi ha sempre detto che per lui la morte migliore sarebbe stata quella in mare. Ed io ho sempre avuto paura, per il suo lavoro, che come altri è rischioso, per questo spesso lo contattavo».

Si sente di lanciare un appello?

«Non ho fiducia nella politica. Ma mi rivolgo a tutte le istituzioni. Non è possibile che per due velisti italiani non si faccia nulla. L’Italia che viviamo non mi piace. Abbiamo scritto a Salvini ma sono pronta anche a contattare Di Maio o Berlusconi o chiunque sia in grado di aiutarmi. Sono pronta a lanciare l’appello anche a chi non ho mai votato. Si tratta di mio figlio. So che un gruppo di velisti portoghesi è partito per cercare Aldo e Antonio, ma bisogna parlare con persone di potere: le istituzioni non ci devono abbandonare».

Laura Provitina