
Bottega storica affacciata sui portici di via Veneto, per tre generazioni ha servito le famiglie spezzine "Impossibile rimanere aperti. Il mercato e le abitudini sono cambiate, è il momento giusto per fermarsi".
La coda sotto i portici in via Veneto 132, davanti al loro negozio, sino agli anni ‘90 si formava già prima dell’orario di apertura. Signore spezzine, dai gusti raffinati, erano disposte ad aspettare pazienti, in fila, perché sapevano che lì avrebbero trovato di sicuro la risposta a ogni loro, precisa, richiesta. Dalle lenzuola in percalle di cotone al cosiddetto ‘mollettone’ per il tavolo del salotto, fino ad arrivare alle raffinatissime camicie da notte che una nota azienda fiorentina impreziosiva con iconiche roselline ricamate a rilievo. Gabriella Lagomarsini e la sua mamma, Maria Bonamino, erano in grado di accontentare tutte le loro clienti. Anche le più esigenti. Ma poi succede che il mercato con le sue regole cambi, facendo mutare anche gli usi e i costumi delle persone. E così, un altro storico negozio della nostra città, Luna di miele, chiude per sempre i suoi battenti e una storia che, nel segno di una tradizione tutta familiare, e tutta al femminile, è stata scritta fino alla sua terza generazione. Nato nel 1962 su impulso di Maria Bonamino, che desiderava dare un solido futuro alla figlia Gabriella, e intitolato al viaggio da sogno di ogni donna – non a caso, qui le future spose potevano trovare tutto il necessario per il corredo – Luna di miele che a gennaio chiuderà.
Dal febbraio 2018 è curato dalla nipote di Maria e figlia di Gabriella, Michela Santini insieme al suo compagno Nicola Portalupi. "Il piccolo negozio oggi non ce la fa più – esordisce Michela - e il motivo per cui noi chiudiamo è lo stesso per cui stanno chiudendo tutti. Del resto è dal 2008, che questo settore merceologico è in sofferenza. Dopo il Covid poi c’è stata la ’mazzata’ finale: è arrivato Internet con le sue vendite online e meno soldi per tutti. Anche le bollette incidono molto: qui ne arriva solo per la luce una di 100 e rotti al mese che vuol dire 200 e rotti a bimestre. A questi naturalmente va aggiunto l’affitto". "Sicuramente, a conti fatti, il fatturato di un negozio come il nostro – spiega Nicola – oggi è di tre quarti inferiore a quello degli anni Ottanta, un quarto dell’ incasso".
"Del resto quello che sta succedendo al nostro settore si è già verificato anni prima in altri comparti commerciali in cui il ‘piccolo è stato purtroppo schiacciato dal grande’. Penso a mio nonno – continua – che aveva un mobilificio: quel mercato da tempo è stato soverchiato dalla grande distribuzione. Insomma, quello che voglio dire è che esistono più ragioni dietro a una chiusura come la nostra". Ma non è solo il mercato ad essere cambiato: "Negli anni ‘60 – interviene Michela – quando si sposava una figlia aveva pronto un corredo che sin dall’ infanzia le si preparava. Oggi non è più così, quando i ragazzi escono di casa per una nuova vita autonoma nelle grandi catene possono acquistare tutto ciò di cui hanno bisogno: dai mobili, alla biancheria a prezzi stracciati".
Ma del resto che tutto è mutato lo si può vedere anche nel microcosmo dello stesso quartiere dove fa notare Michela ha già chiuso un altro negozio di biancheria e dove a breve verrà aperto l’ ennesimo punto vendita di una grossa catena di articoli per la casa. "Non c’è rancore né polemica nelle nostre parole – tiene a sottolineare Michela – così come non c’è tristezza ma solo la presa di coscienza di una realtà che ci ha permesso di capire in tempo che è il momento giusto di fermarsi".