Una mostra al Camec di parole... smarrite

L’artista Sabrina D’Alessandro espone le sue opere. Viaggio alla ricerca dei vocaboli perduti da ’farlingotto’ a ‘redamazione’

Migration

Domina la sala bianca, solenne come solo un’opera di marmo sa essere, e l’imponenza e il freddo del suo materiale traducono già, come una sinestesia; ciò che le sue dodici facce recano inciso in dodici lingue diverse: la sentenza “Assai sa chi tacere sa”. Il Farlingotto è la scultura poliedrica e poliglotta di Sabrina D’Alessandro, artista visiva e studiosa del linguaggio, che dal centro della prima sala al piano 0 del museo Camec della Spezia “insegna a tacere” perfino in greco antico. In marmo bianco e nero (come il campanile di Siena perché realizzato proprio per un museo di questa città), acciaio e ottone; è l’oggettificazione della parola antica stessa che lo definisce e così, concretamente, esso la rappresenta.

" Farlingotto è una parola antica non più usata – spiega D’Alessandro – che significa “ colui che parla più lingue mescolandole”, alla stregua della nostra più moderna abitudine di inserire in un discorso parole straniere, più spesso inglesismi; location piuttosto che l’italiano ambientazione ad esempio." Ricercare parole poco o per nulla usate e riportarle all’attenzione del pubblico trasformate in opere d’arte visiva e performativa è l’attività dell’artista milanese e del suo URPS – Ufficio Resurrezione Parole Smarrite, da lei fondato nel 2009. “Resurrezioni, Insurrezioni, Azioni 2009 – 2021” è l’inedito progetto espositivo dedicato a Sabrina D’Alessandro a cura di Eleonora Acerbi e Cinzia Compalati presentato ieri mattina, alla presenza del sindaco della Spezia Pierluigi Peracchini, presso il Camec. Attorno al farlingotto, tele rosso scarlatto che recano incise a caldo, in oro, parole altrettante preziose: vocaboli perduti, ai quali l’artista milanese ha ridato vita e valore di opere d’arte. . Come per esempio il sostantivo “Redamazione” ovvero l’amore reciproco corrisposto o ancora l’aggettivo “Sesquipedale” di chi, per rimanere nel medesimo campo semantico, non rispetta il sano confine della reciprocità e va oltre; arrivando ad amare troppo.

Si arriva così al verbo dantesco “Redamare” che D’ Alessandro spiega attraverso il verso 81 del Paradiso dantesco “s’ io m’ intuassi, come tu t’ inmii”. Si tratta dell’installazione sonora Parole Parlanti: un percorso di parole legate fra loro capaci di suscitare di volta in volta aforismi, motti o poesie inedite. Nella sala successiva l’antico gioco della campana, costruito con le quattro sillabe del verbo “redamare” che ritorna ancora più forte: è un invito da parte dell’artista a percorrerne lo schema sillabando il verbo e a farlo proprio attraverso la dimensione ludica. Quale miglior modo per imparare “l’amare e l’essere amati?” La sala 3 presenta invece una panoramica delle opere video di Sabrina D’Alessadro, tra le quali la visionaria “Guizzìpeda”: la gara podistico-linguistica (2021) in cui i corridori prestano fiato e gambe alle parole del respiro. Il pluriennale lavoro di ricerca e divulgazione di Sabrina D’Alessandro ha creato un’ innovativa commistione tra arte e lessicografia, dove la sua passione e il suo talento diventano la capacità di traduzione in cose etimologicamente buone e belle.

Alma Martina Poggi