Un settore in piena crisi. Tra spese e blitz dei lupi

Ferrante: "Rappresentano una vera emergenza, va trovata una soluzione"

Una tradizione, quella della transumanza, ormai in via di estinzione, almeno in Val di Vara e nel resto della provincia, dove il settore zootecnico è stato messo in ginocchio dai costi di produzione cresciuti a dismisura, dall’abbandono progressivo della montagna e dagli assalti dei predatori, responsabili di autentiche stragi negli allevamenti. Questo spiega perché oggi a praticare il "rito" del trasferimento dei capi di bestiame verso gli alpeggi a inizio estate siano rimasti, in Val di Vara, non più di due-tre allevatori. Solo un tenace ed "eroico" tentativo di salvaguardare le radici di una tradizione agro pastorale ormai al tramonto? Non solo. Trasferire nei mesi estivi le vacche ai pascoli in quota ha anche il valore di una scelta di politica aziendale. "Da noi, a differenza del ponente ligure, come a Diano Castello, nell’Imperiese, dove la transumanza è ancora abbastanza praticata - spiega Alessandro Ferrante, vicepresidente Cia della Liguria di Levante - è rimasta un’attività residuale, che però ha un senso, visto che trasferire i capi dalle stalle consente un significativo risparmio di costi. Per dire, a Diano Marina, dove ci sono allevatori, come i Fratelli Saguato, la maggiore azienda ligure del settore, con un migliaio di capi nella stalla, portare gli animali all’alpeggio resta una scelta quasi obbligata, considerati i problemi di gestione di una mandria di quelle dimensioni nelle strutture aziendali". Purtroppo la Val di Vara e il resto della provincia, fanno storia a sé. Le aziende sono in tutto circa 250, di cui 150, fra biologiche e convenzionali, in Val di Vara. Si tratta, come spiega Ferrante, per lo più di allevamenti bovini, l’allevamento delle pecore infatti è ormai attività marginale, basti pensare che in valle se ne contano non più di 700 contro le quattromila di qualche anno fa.

Le cause? Lo spopolamento della montagna, certo, ma anche l’emergenza predatori, lupi in primo luogo, che scoraggia ormai gli allevatori ad intraprendere questo tipo di attività. "Il fatto è - osserva il vice presidente Cia - che i lupi hanno ormai cambiato abitudini, ora predano anche di giorno, avvicinandosi anche all’abitato, come succede a Sarbia dove un amico mi ha raccontato che dopo le otto di sera uscire di casa diventa un problema senza adottare accorgimenti come mantenere illuminata tutta l’area circostante. Una vera emergenza, che si aggiunge alla massiccia presenza di ungulati come cinghiali, daini e caprioli, responsabili di gravi danni alle coltivazioni". Ma le istituzioni preposte non vi danno una mano? "E’ una situazione che andiamo denunciando da anni - ricorda Ferrante - L’iniziativa più recente è stata un’audizione, come categoria, con i capigruppo del consiglio regionale, a Genova. Speriamo che si muova qualcosa".

Franco Antola