Toti, perizia su telefoni e computer. Slittano i tempi per l’interrogatorio

Il procuratore capo Piacente ha precisato che non ci sono obblighi a farlo: "Può presentare una memoria" . Cavo ascoltata come persona informata sui fatti: "Avvisai il presidente che i fratelli Testa non mi piacevano".

Il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, "così’ come qualsiasi indagato, può presentare una memoria" oppure fare delle "spontanee dichiarazioni al Riesame". Lo precisa il procuratore capo di Genova, Nicola Piacente, in merito alla data - ancora da fissare - dell’interrogatorio chiesto dalla difesa del governatore. Richiesta avanzata dopo l’interrogatorio di garanzia davanti al gip, in cui Toti si era avvalso della facoltà di non rispondere. Quello davanti al pm "non è un interrogatorio di garanzia", quindi non vi sono obblighi a farlo. Il capo della magistratura genovese ha precisato che l’unico momento in cui la procura è obbligata a interrogare l’indagato "è nella fase della chiusura delle indagini". In altri momenti, è invece una decisione del pm sul se e sul quando.

Intanto, con una consulenza tecnica irripetibile, verrà effettuata la copia del contenuto per essere poi esaminato, dei telefoni e dei dispositivi elettronici sequestrati al presidente Toti, ai domiciliari da dieci giorni per corruzioni, e agli altri indagati destinatari di misura cautelare. L’accertamento tecnico, al quale parteciperanno le difese, potrebbe essere disposto già oggi. I legali degli indagati potranno nominare loro esperti i quali parteciperanno alle operazioni. Anche per questo passaggio tecnico i tempi per l’interrogatorio del governatore si potrebbero allungare. La copia forense di smartphone, pc e tablet, serve agli inquirenti per cercare eventuali altri elementi utili per corroborare l’ipotesi accusatoria.

E’ poi emerso che la deputata Ilaria Cavo, nel corso della sua audizione come persona informata dei fatti, avrebbe messo in guardia Toti. "Avvisai il presidente che i fratelli Testa non mi piacevano", è quanto ha detto nei giorni scorsi al sostituto procuratore Federico Manotti che insieme al collega Luca Monteverde ha coordinato le indagini.

I fratelli Testa sono indagati per voto di scambio aggravato dall’aver agevolato la mafia. La parlamentare ha ammesso di averli conosciuti in un ristorante nei pressi di Bergamo mentre andava in settimana bianca. Si offrirono di aiutarla chiedendo a loro volta una mano per avere posti di lavoro "magari dentro Autostrade". Cavo, ha spiegato in caserma, "nei mesi successivi si fecero troppo insistenti, si comportavano in una maniera che non mi piaceva affatto". Per questo chiamò prima l’onorevole Alessandro Sorte, che aveva fatto da tramite, e poi avvisò lo stesso Toti che quei due non le "piacevano". Un avvertimento, secondo gli inquirenti, non colto dal presidente. In un’intercettazione tra i due fratelli raccontano come Toti li avesse presi sottobraccio durante un evento elettorale chiedendo di "aiutare comunque" Cavo.