Sessant’anni di ciminiere e ’sbuffi’ Ma anche di trattative sul disimpegno

Dal 1962 al progetto di riconversione da 500 milioni, in attesa di autorizzazione

All’epoca dell’inaugurazione, nel 1962, la centrale di Vallegrande era composta da 4 sezioni a ciclo convenzionale. 30 anni dopo l’impianto fu oggetto di una parziale riconversione e di un notevole depotenziamento. Il referendum tenutosi nel 1990 sanciva l’uso del metano come ’combustibile prevalente’ nella fase transitoria, tra il modello di uso dei combustibili fossili e quello delle energie rinnovabili. Altra data importante il 13 novembre 1997, quando con l’intervento del sindaco Lucio Rosaia Comune ed Enel firmano una convenzione che prevede investimenti per 675 miliardi di lire in adeguamenti ambientali. Molte le modifiche tecniche successive, che hanno consentito forti limitazioni all’emissione di sostanze nocive. Da ricordare come tappa-chiave anche il 1991, quando l’allora sindaco Gianluigi Burrafato chiuse la centrale per violazione della legge Merli sugli scarichi termici. La normativa fu in seguito modificata e la centrale riaperta. Dopo anni di proteste, nel ‘97, il Comune ottiene il depotenziamento da 1800 Mw a 1200. Nel 2013 il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale che consent l’esercizio della centrale nel rispetto di limiti di emissione più restrittivi. Nel 2015 Enel annuncia la dismissione entro il 2020. L’impianto viene candidato come sito di costruzione del Centro di ricerca internazionale sulla fusione nucleare ma Enea sceglie Frascati. A dicembre 2018 la centrale entra a far parte di Futur-E, il programma di dismissioni e riqualificazioni lanciato dal gestore elettrico a livello nazionale mentre a giugno 2019 Enel propone la riconversione a turbogas. Il piano prevede un investimento di 500 milioni in un’area di produzione e stoccaggio di 26 ettari a fronte dei 70 attuali, un impiego di 30-40 addetti per la gestione di un nuovo gruppo a turbogas da 800 Mw. La partita è ancora aperta.

F.A.