Rafael-vulcano. Droni, fitness e tanto studio "Ragazzi, non smettete mai di coltivare sogni"

Il portiere aquilotto racconta il suo amore per l’Italia: "Un quarto della mia vita l’ho passato qua. Ha un solo difetto: è troppo lontana dal Brasile"

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di Chiara Tenca

In un mondo ad alto tasso di testosterone, la sua commozione al termine del match contro l’Udinese è stata una prova di profonda umanità, destinata a restare a lungo nel cuore dei tifosi aquilotti. Spezia, una città lontana quasi 10mila chilometri dalla natia San Paolo, per Rafael De Andrade Bittencourt Pinheiro rappresenta l’occasione di prolungare una carriera fra i pali entrata nel vivo non appena sbarcato in Italia, dove ha giocato 13 anni fra la serie B e il massimo campionato, vestendo le maglie dell’Hellas Verona e del Cagliari. Tanta esperienza per questo atleta classe 1982, che oggi veste la maglia numero 77, ma nessuna voglia di abbandonare uno sport che per lui, a sentirlo parlare, sembra una vocazione.

Rafael, cosa è per lei il calcio?

"Un sogno per cui ho dovuto lasciare i miei affetti: avevo il desiderio di giocare in Europa. Come per tutti i lavori, se uno ci mette cuore e passione, le cose vengono e magari i risultati sono migliori".

Ha tante persone care in Brasile: come mantenete i rapporti?

"Con le tecnologie di oggi, è possibile sentirsi quotidianamente. All’inizio era tutto diverso: con la carta per le chiamate internazionali, telefonavo un giorno alla settimana dalla cabina, per pochi minuti".

Quali affetti ha laggiù?

"Prima di tutto, la mia famiglia: mamma, papà e mio fratello, ma anche tanti amici".

Qui ne ha una sua?

"Ora non ho figli: sono concentrato sulla carriera, vedremo per il futuro".

Cosa fanno i suoi genitori?

"Entrambi sono ingegneri, ma mia mamma è già in pensione, mentre mio padre lavora ancora. Tutti e due al servizio di imprese nazionali: lei dell’energia, lui del trasporto ferroviario".

Con questi esempi in casa, non le è mai venuta voglia di seguire le loro orme?

"Mi sono concentrato sia sullo sport che sullo studio: giocavo a calcio e la sera sui libri. Mi sono laureato in Business administration mentre giocavo al Santos, all’Università privata di Santa Cecilia. Poi, ho continuato specializzandomi in gestione dello sport business".

Come si è innamorato del calcio?

"A scuola ero molto coordinato e mi sono cimentato in diversi sport, poi mi sono dedicato al calcetto, dove giocavo in porta, e ho iniziato contemporaneamente a fare l’attaccante in un club, il Nacional. Quel ruolo non mi piaceva e ho optato per l’attuale".

Che farà a fine carriera?

"La mia idea è quella di concentrarmi bene su questa sfida importante e difficile in una squadra neopromossa, con un obiettivo importante. Poi, tutto dipenderà dalle offerte: potrebbe esser bello anche valutare qualcosa nella dirigenza in futuro".

Che rapporto ha col mare?

"È bello, ti dà un’energia sempre nuova. A Cagliari, dopo la partita andavo lì e riflettevo su molte cose".

Lo ritrova qui: cosa le piace di Spezia?

"Anni fa avevo visitato la zona delle Cinque Terre e la città. Fino ad oggi sono stato impegnato molto nella ricerca di un appartamento e con la squadra, ma la visiterò meglio appena possibile. Mi piacciono i posti tranquilli e cerco di conoscerne la cultura, soprattutto attraverso il cibo".

L’Italia è ormai una seconda patria?

"Ci ho vissuto ormai un quarto della mia vita e ogni anno capisco quanta sia la sua bellezza. L’unica cosa che non mi piace è che è troppo lontano dal Brasile".

Fra Covid e politica, il suo paese non sta vivendo una situazione particolarmente facile: che ne pensa?

"Il presidente ha fatto quel che doveva fare, avvertendo la gente della pandemia, ha avuto il coraggio di dire le cose come sono. Spero che il vaccino arrivi presto in tutto il mondo: la gente merita di vivere e lavorare e in Brasile, non ci si può permettere di star a casa".

Sul suo profilo Instagram ha postato una tua foto con Pelé: chi sono i suoi idoli?

"L’incontro è avvenuto quando ero al Santos: ho approfittato per farci immortalare. Per me due icone nel mio ruolo sono Taffarel, oggi preparatore dei portieri per la Nazionale brasiliana, con cui sta facendo un grande lavoro, e Buffon. Ma ce ne sono anche fuori dal calcio: Jordan e Senna, ad esempio. Mi piace documentarmi su quelle carriere: mi motivano molto".

Quali passioni ha oltre al calcio?

"Mi sono buttato a studiare alcuni aspetti del dietro le quinte del mondo del calcio e dello sport: avevo la curiosità di capire come funzionassero certe cose. Poi, ho anche una piccola passione per i droni e mi dedico al fitness anche fuori dal campo, ad esempio in bici per le montagne".

Cosa fa oltre ad allenamenti e partite?

"Vivo solo in casa e sto volentieri con il gruppo. La mia giornata tipo è dedicarmi a qualche ritocco per gli esercizi fisici la mattina, di cui ho bisogno alla mia età, poi pranzo, allenamento pomeridiano e la sera studio. Se ho il giorno libero, mi piace visitare qualche posto. Qui a Spezia, sono ancora indeciso su dove cominciare".

Rafael, vuole chiudere con un messaggio in particolare?

"Sì, vorrei farlo per i giovani: fare il calciatore o lo sportivo è sempre più difficile. Io, però, dico sempre che se una persona vuol centrare il proprio obiettivo, deve seguire il sogno con tanta decisione".