
E’ arrivata una nuova, pesante mazzata per i pescatori spezzini: dopo decenni in cui hanno potuto beneficiare dell’ormeggio gratuito, la categoria ha dapprima cominciato a pagare il canone delle concessioni e, nel nuovo anno, rischia di dover corrispondere un balzello insostenibile a causa di un’impennata della quota. Lo denuncia Confcooperative, che vuole portare all’attenzione quest’impasse che sta colpendo una categoria già pesantemente fiaccata dalla crisi e dal calo della domanda. A partire dal 1° gennaio 2021, il canone minimo delle concessioni è stato aumentato del 700%, passando da 362 nel 2020 – primo anno in cui è scattato l’obbligo di corrisponderlo - a 2.500 euro.
Un’uscita pesantissima, che la vicepresidente regionale di Confcooperative Anna Vivaldi denuncia. "Così lo Stato – scrive in una nota – , per aiutare i pescatori a superare le difficoltà contingenti, ha corrisposto circa 1000 euro di ristori Covid e poi in netta contraddizione ha dato la mazzata di 2500 euro annui che forse porterà facilmente alla chiusura delle loro attività. Tutto abbastanza assurdo e incomprensibile". Ma non finisce qui, perché – sottolinea ancora la Vivaldi – secondo le ordinanze emesse da Capitaneria di Porto ed Autorità Portuale, dal 2020 hanno dovuto regolare i loro ormeggi con atto di concessione: in soldoni, fra spese amministrative, si è aggiunta una spesa ulteriore una tantum pari a circa 1500 euro per peschereccio.
E qui il nuovo step: recependo le indicazioni nazionali, l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale – spiegano da Confcooperative – ha emanato l’ordinanza 10519 che modifica la situazione precedente annullando le ordinanze 812013 e 332017 che riservavano gratuitamente gli spazi di ormeggio ai pescherecci.
Il nuovo canone ammonterebbe a 720 euro, ma – fanno sapere dall’associazione, che sottolinea il proprio impegno nell’assistere i pescatori in questa battaglia – si sta lavorando per far applicare un’ulteriore riduzione, avendo trovato un interlocutore disponibile in via del Molo. "Quest’aumento non è giustificato da nulla – accusa la Vivaldi - e non è sopportabile da parte di una categoria che è continuamente vessata da provvedimenti che ne riducono l’attività. Con il fermo pesca obbligatorio, il fermo pesca aggiuntivo, condizioni meteo sfavorevoli e stop obbligatorio di sabato, domenica e festivi e incombenze amministrative, le nostre barche ormai riescono a pescare al massimo per 100 giorni l’anno; veramente poco per mantenere famiglia, barca, equipaggio e oneri vari e senz’altro insufficiente per dare ai nostri concittadini il pesce fresco tanto richiesto, avvantaggiando così l’importazione". E si continua a viaggiare nell’incertezza, perché non si conosce ancora l’esito della presentazione di una proposta di legge il 31 dicembre 2020, che potrebbe riordinare la materia delle concessioni demaniali per la pesca e per risolvere il problema dei canoni.
Chiara Tenca