"Mio fratello, in fondo al Mediterraneo"

La statua di San Venerio trasportata a spalla dai migranti affascinati dalla sua vita: "Aiutava i naviganti"

"Mio fratello, in fondo al Mediterraneo"
"Mio fratello, in fondo al Mediterraneo"

Zesiro e Abubakar hanno diciotto e ventuno anni e vengono rispettivamente dalla Nigeria e dal Camerun. Insieme ad una ventina di loro compagni – tutti ospiti della Cittadella della pace della Caritas a Pegazzano – lunedì hanno trasportato a spalla la grande statua di San Venerio dalla Cattedrale di Cristo Re fino al Molo Italia. Da qui la scultura lignea è stata poi trasferita via mare, tramite un’imbarcazione della Marina Militare, a Portovenere per prendere parte alle celebrazioni che ogni anno vengono organizzate in onore di santo. Tributi solennissimi quelli che la diocesi della Spezia riserva al suo primo e più particolare protettore, capace di esercitare un carisma ancora oggi potente sulle genti del golfo e evidentemente non solo su di loro.

"Don Luca (Palei, direttore della Caritas, ndr) – spiega Abubakar – ci ha spiegato la sua storia, ne sono rimasto impressionato. Una vita ascetica divisa tra la preghiera e l’aiuto ai naviganti. Io sono arrivato in Italia via mare, sono di fede cristiana, mi piace pensare che nel viaggio travagliato che ho fatto per attraversare il Mediterraneo San Venerio mi abbia protetto".

A questi giovani dalla pelle d’ebano, che hanno tutti pagato a caro prezzo il loro biglietto per salire a bordo delle imbarcazioni degli scafisti – gommoni sgonfi o gusci di noce fatti con fogli di alluminio – alla disperata ricerca di un nuovo inizio, quella di Venerio appare proprio come una figura amica. Qualcuno a cui si deve qualcosa, a cui dare del tu, caricarsi la sua statua sulle spalle è un atto dovuto.

Non tutti sono cristiani, ma la storia del patrono del Golfo che li ospita è comunque capace di affascinarli. La sua fuga dal mondo, in quell’isolotto bellissimo e selvaggio che profuma di mirto e di rosmarino, fu soprattutto rinuncia alle tentazioni del potere e dei lussi per poter vivere più intensamente l’amore per Dio e per gli uomini. Accanto al silenzio e alla meditazione sempre la concretezza dell’assistenza verso prossimo, soprattutto verso i marinai che beneficiavano nelle notti tempestose della luce che si irradiava dai falò che il santo accendeva sulla sommità del promontorio. Lampeggiamenti, chiarori e scie di luce in grado di indirizzare i naviganti verso un sicuro approdo.

Non stupisce quindi che la sua vita e i suoi insegnamenti siano capaci di parlare ancora adesso anche a dei giovani venuti da terre molto lontane. Ragazzi che hanno dovuto affrontare le onde e marosi di un’esistenza breve ma già molto tumultuosa. "Mio fratello Bashir - si commuove Zesiro - non ce l’ha fatta. Il suo corpo riposa in fondo al Mediterraneo".

Vimal Carlo Gabbiani