
Tutto ruota attorno a lui. Mahmud Bin Rauf, originario del Bangladesh, 36 anni, residente in viale San Bartolomeo alla Spezia. Era il promotore e finanziatore dell’associazione per delinquere finalizzata al caporalato, smantellata dagli investigatori del Gruppo della Guardia di Finanza, diretto dal maggiore Luigi Mennella. Era l’ amministratore unico e proprietario di Gs Painting Srl, la società – con sede legale ad Ancona e 162 dipendenti secondo l’ultima visura camerale – attraverso la quale, fino alla traduzione in carcere all’alba di martedì scorso, ha perseguito "un illecito profitto scaturente dallo sfruttamento delle maestranze ivi impiegate" scrive, in stretto burocratese, il gip Mario De Bellis nell’ordine di custodia cautelare. Ne hanno assunto la difesa gli avvocati Daniele Caprara e Salvatore Licari. Quest’ultimo ieri è andato a trovarlo in carcere. "Nega gli addebiti" dice lapidario il legale. Domani l’interrogatorio di garanzia. Intanto le rappresentazioni investigative.
Era Mahmud ad assoldare le giovani maestranze di origine bengalese che impiegava poi in vari cantieri navali della nautica di lusso: Sanlorenzo, Baglietto alla Spezia; Nuovi Cantieri Apuania a Carrara; Cantiere Bacino a Genova, PalumboSy a Marsiglia). Approfittando del loro stato di bisogno li costringeva "a condizioni di lavoro subumane, caratterizzare da turni massacranti, paghe ben al di sotto di quelle previste dai contratti di categoria, nonché a vessazioni di ogni genere: minacce, violenze fisiche e psicologiche, intimidazioni e ricatti, esercitate direttamente o tramite un manipolo di fidati connazionali" è scritto nel capo di imputazione contestato dal procuratore Antonio Patrono.
Il dipinto, a tinte forti, prosegue così: "Un personaggio dispotico e autoritario, dotato di una notevole forza intimidatoria nei confronti delle maestranze dalle quali è estremamente temuto con conseguente atteggiamento remissivo e di vera e propria sudditanza da parte delle stesse, soprattutto in ragione del costante timore di essere licenziati e, quindi, di perdere l’unica fonte di sostentamento famigliare e personale, nonché la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno".
Mahmud era determinante sia nella quantificazione degli emolumenti da corrispondere agli operai, calcolati in base ad una paga oraria anche di soli 5 euro moltiplicata per il numero delle ore prestate (anche oltre 400 mensili a fronte delle 170 risultanti dalle buste paga), senza tenere conto delle maggiorazioni previste per straordinari, notturni e festivi maturati. Secondo l’accusa elaborava il dato in base al monte ore che gli perveniva dal nipote e sodale Alam Shamarat Awesh. Lo stesso era poi comunicato ad Ancona a Diego Pasca, addetto all’elaborazione delle buste paga "artatamente predisposte per dissimulare le effettive prestazioni lavorative delle maestranze". Mahmud era anche colui che direttamente – o indirettamente tramite gli altri sodali - provvedeva a raccogliere il denaro in contanti, preteso in restituzione dagli operai sfruttati e ’derubati’.
Corrado Ricci