L’osceno della guerra. Così Ozmo dialoga col nostro ’genius loci’: "Occhi di speranza"

Inaugurata l’installazione site-specific realizzata all’ingresso del tunnel "Ho lavorato per avere l’effetto di un’espansione di spazio e tempo ’Ieri, oggi e domani’ è il bimbo che incarna passato, presente e futuro" .

L’osceno della guerra. Così Ozmo dialoga col nostro ’genius loci’: "Occhi di speranza"

L’osceno della guerra. Così Ozmo dialoga col nostro ’genius loci’: "Occhi di speranza"

Gli occhi di un bambino che ci fissano e ci scavano dentro, fino in fondo all’anima. Uno sguardo illuminato sul mondo, interrogativo. Atemporale e spaziale. E’ ’Ieri, Oggi, e Domani’ l’opera site specific dell’artista Gionata Gesi, a.k.a. Ozmo, realizzata all’ingresso della galleria Quintino Sella, ex ricovero anti aereo, nel cuore pulsante della città. Un’opera semplice e complessa, raffinata e popolare, come è nella cifra poetica di un artista eclettico e visionario, in continuo divenire, abituato a manipolare riferimenti storici e linguaggi molteplici, nato nella cultura underground del graffito e dell’hip hop, ed approdato nel corso degli anni a opere pubbliche di grande impatto ed energia evocativa. "Lavoro sempre sul potere delle immagini. In questo caso mi sono avvalso dell’effetto Monnalisa, con questi occhi che seguono gli occhi dello spettatore, che si muovono con lui. Si manifesta così un esito di autorità e presenza assertiva della figura, anche un po’ inquietante. Inoltre, tramite l’anamorfosi, una tecnica prospettica, lo sguardo riempie di luce lo spazio circostante, creando una vera e propria espansione di spazio e di tempo: l’opera apre lo spazio e il tempo, diventa trascendentale. Ieri, oggi e domani è il bambino del futuro, ma anche del nostro presente e del passato". Ozmo, siamo di fronte a un’opera che è calata perfettamente in una congiuntura urbana e storica.

"Per me uno dei problemi fondamentali è trovare il modo per fare parlare il contesto e la storia del luogo, l’opera deve ragionare con il ’genius loci’. In questo caso bisognava mettere in scena un argomento osceno come la guerra, oltretutto attraverso un’immagine incastonata tra muri stretti e lunghi che non permettevano una rappresentazione formale. L’intuizione è stata quella di rafforzare la pace, utilizzare il bambino come simbolo universale di speranza verso il futuro, gioia ed innocenza: è un bambino sorridente, sono occhi che sorridono".

In questa nostra contemporaneità che ci racconta bambini sotto le bombe e affogati nel Mediterraneo, il segno di Ozmo assume un significato ancora più forte. Ed un’emozione autentica, vissuta da molti cittadini e turisti che sono transitati di fronte al cantiere, situato lungo una delle vie più frequentate del centro storico, durante i giorni della realizzazione di un’opera che ha provocato anche un acceso dibattito sui social. "Se esegui un intervento pubblico devi confrontarti con la vox populi, ed essere pronto ad accettare le critiche. Parigi (la città in cui ora vive l’artista, ndr.) è una città piena di stronzi che ti correggono la pronuncia quando vai a comprare una baguette, ma c’è una grande sensibilità diffusa per l’arte e la cultura, anche se fanno la gara a chi più è intellettuale; qui alla Spezia ho fatto la scelta di non ingaggiare discussioni sui social, ma lasciare che l’opera parli per me. Un intervento artistico in uno spazio pubblico annulla il piedistallo della scultura e la cornice del quadro".

Ozmo ovviamente si è posto anche il problema della protezione del prodotto artistico. "E’ la prima volta che creo un’opera così orizzontale e accessibile da chiunque, devo quindi pensare anche alla sua durabilità e restaurabilità; ho anche utilizzato speciali vernici contro sole, salmastro e pioggia". Dopo l’esplosione di Banksy si è creata maggiore attenzione pubblica alla salvaguardia dell’opera ed al suo restauro. "Ma se si toglie l’opera dalla strada – puntualizza l’artista – e si mette in un museo si decontestualizza; c’è anche da dire che la Rete ha distrutto le auto produzioni, prima esistevano linguaggi e pratiche alternative al mainstream; oggi la maggior parte della street art è diventata mera illustrazione sui muri". E poi c’è la questione del rapporto con la committenza pubblica. "Per fare comprendere il senso dell’opera sono state necessarie discussioni infinite. Devo dire che il sindaco Pierluigi Peracchini ha capito fin da subito le potenzialità della mia scelta artistica e il motivo della luce proiettata sulle pareti, al contrario di altri che volevano scritte ed altre immagini. Devo anche ringraziare il curatore, Emanuele Martera, che mi ha proposto all’amministrazione".