L’itticoltura a due miglia dal Tino Via allo studio per traslocare i vivai

L’Autorità di sistema portuale concede la proroga di un anno alla concessione davanti al Pezzino. Fino al 2 febbraio c’è tempo per presentare osservazioni alla richiesta della società che chiede tempo

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Già in regime di proroga dal giugno scorso, alla scadenza di questa, alla fine dell’anno 2022, è scattato un nuovo slittamento a termine della concessione demaniale detenuta dalla società Piscicoltura Porto Venere che gestisce gli impianti di itticoltura in fregio a punta Pezzino, nell’insenatura delle Grazie. Si allunga di un altro anno il titolo di occupazione dello specchio acqueo per l’allevamento di orate, branzine e ombrine per il quale la nuova programmazione costiera del Comune prevede la rimozione, più volte traguardata ma non centrata.

Lo ha stabilito l’Autorità di sistema portuale a seguito dell’istanza della società di cui è stata data notizia all’albo pretorio dell’ente con l’avvio del rituale delle procedure di evidenza pubblica: l’apertura dei termini per la presentazione di osservazioni o istanze concorrenti. C’è tempo, per farlo, fino al primo febbraio. La concessione temporanea è connessa alla necessità di sciogliere il nodo della ricollocazione degli impianti (presenti nel sito da 35 anni) e della certezze sul futuro, presupposto degli investimenti, ma ancora prima si impone la tutela del lavoro: 25 occupati diretti. Quanto alla prima prospettiva ora c’è un punto nella carta nautica: è posto a 2 miglia a sud ovest dell’isola del Tino, là dove il fondale, per effetto di uno scalino, passa velocemente da 30 a 40 metri di profondità. E là dove potrebbe svolgersi, attraverso un impianto ad immersione non visibile alla vista, l’attività operativa della Piscicoltura (sede lega a Roma, parte integrante del Gruppo Del Pesce che gestisce impianti anche a Gaeta, Follonica, Orbetello e Licata).

La notizia dell’ipotesi di localizzazione trapela a margine delle indicazioni contenute nell’atto pubblicato dall’Adsp in relazione ad una nota arrivata dalla Regione, già il 7 settembre scorso. Si tratta della comunicazione resa dal Settore Politiche Agricole e della Pesca in merito "allo studio per l’individuazione di nuove aree idonee all’acquacoltura off shore nel Golfo della Spezia". Un studio ancora da sviluppare. In pista, per gli aspetti ambientali e di compatibilità, ci sono l’Arpal e Università di Genova. Intanto, arriva l’indicazione geografica primaria che porta sud ovest dell’isola del Tino, il più punto più ravvicinato alla costa per fruire una profondità di 40 metri, requisito chiave per gli impianti sali e scendi in questione.

Il tema è stato oggetto di confronti preliminari anche sul piano sindacale. In pista, per la tutela della società e del suo personale, c’è Confcooperative, al tavolo con Enrico Faggioni. Occorre ora trovare la quadra con gli obiettivi del Comune di Porto Venere, nella condivisione delle vedute tra maggioranza e opposizione in ordine al recupero dello specchio acqueo.

Risale ai primi giorni di novembre il check effettuato dai Sub della Guardia Costiera per il controllo della parte sommersa degli impianti del Pezzino e del battente d’acqua. "Nessuna criticità è emersa per quanto concerne la struttura delle gabbie nelle quali vengono allevati i pesci e sul fondale sottostante le stesse, apparso pulito e vitale" aveva riferito il coordinatore delle operazioni subacquee. Al lavoro ci fu lo stesso team che a luglio fu impegnato nella rimozione dei pericoli occulti causati da quel che restava sotto il livello del mare degli impianti di itticoltura posti al largo dell’isola Palmaria, collassati 17 anni fa per effetto di una mareggiata e abbandonati a se stessi dalla società che li gestiva, poi fallita. Quelli erano impianti a vista. Di tutt’altra configurazione quelli per i quali Piscicoltura Porto Venere traguarda la nuova frontiera: sono capaci di reggere alle mareggiate.

Corrado Ricci