
Un'aula di tribunale (Foto d'archivio)
La Spezia, 30 marzo 2019 - La gita in barca era finita a mestolate, quindi in un’aula di tribunale. I fatti risalgono al lontano 21 agosto del 2012, ieri il giudice Fabrizio Garofalo ha riconosciuto colpevole S.D., la donna di origini senegalesi all’epoca trentenne, per aver minacciato e colpito con un mestolo la rivale, una bella ragazza di 28 anni, che a suo dire avrebbe avuto una relazione col suo compagno che era anche l’armatore dello yacht.
Condanna di tre mesi e 150 euro di multa, accogliendo la tesi sia delle minacce che delle lesioni sostenuta dall’avvocato di parte civile Angela Spiezia. Il pubblico ministero Raffaele Giumetti aveva chiesto l’assoluzione per le minacce e due mesi e venti giorni per le lesioni. L’imputata è stata anche condannata a risarcire di 600 euro la parte civile e al pagamento di 3.600 euro di spese legali. La sospensione condizionale della pena è subordinata al risarcimento del danno alla parte civile. L’accusa aveva sostenuto che la compagna dell’armatore aveva colpito alla schiena con un mestolo di acciaio la rivale invitata sullo yacht. Nel corso del processo è emerso invece che il mestolo era di legno. Discordanza anche sul referto medico: quello del pronto soccorso era di sette giorni, ma la vittima aveva prodotto certificati del suo medico che avevano prolungato la prognosi a quaranta giorni.
Pure sulle minacce lo scontro è stato acceso. L’accusa ha sostenuto che la donna di origini senegalesi avrebbe detto alla rivale «Ti faccio male, te la faccio pagare, butto in acqua te e il tuo cane». L’imputata, difesa dall’avvocato di fiducia Paolo Tarchi, quando è stata ascoltata, ha ammesso di aver buttato in mare i vestiti della rivale, perché la sera prima lei avrebbe avuto un menage a trois con il fidanzato, un ingegnere milanese (il quale aveva dichiarato «fidanzato è una parola grossa», quando era stato chiamato a testimoniare) e il compagno proprietario dello yacht.
E’ stato anche testimoniato che la senegalese avesse fatto scaldare una pentola sull’acqua per sfregiare l’altra donna. Ma di questo non c’è traccia nel capo di imputazione. Secondo il racconto della vittima, non sarebbe stata la gelosia il movente. Lei avrebbe solo chiesto al proprietario della barca di tornare in porto perché non stava bene, lui avrebbe avallato la richiesta e questo avrebbe provocato le ire della compagna che voleva rimanere in mare. Da qui le minacce e l’aggressione. L’avvocato di parte civile Angela Spiezia ha anche presentato querela per diffamazione nei confronti dell’imputata, perché in udienza aveva dichiarato che ai festini sulla barca avrebbe partecipato anche lei.
Massimo Benedetti