
Un cacciatore assieme al suo cane (. foto di repertorio
Sulla carta la stagione è iniziata lo scorso 2 ottobre. Tuttavia, quasi nessuna delle 49 squadre spezzine di caccia al cinghiale si è inoltrata nei boschi della provincia per andare a caccia di cinghiali. Motivo? Le nuove regole imposte dall’ultima ordinanza del Commissario per la Peste suina africana rendono praticamente impossibile la pratica venatoria. Un dispositivo che ha generato sconcerto, tanto che molte squadre hanno deciso di fare sentire la propria voce. Con un messaggio chiaro, che suona più o meno così: o ci permettete di cacciare, o noi cacciatori non solo riconsegniamo le licenze, ma chiediamo anche il rimborso di tutte le tasse e delle spese sostenute per sistemare le ’case di caccia’ sulla base delle direttive emanate dalla struttura commissariale. "Non esiteremo ad affidarci a un avvocato, perchè così davvero non si può andare avanti" puntualizza Giacomo Taddei, a capo di una squadra di caccia al cinghiale di Zignago e vicepresidente dell’associazione Pro Segugio della Spezia.
Nel mirino dei cacciatori l’ordinanza numero 5 pubblicata a inizio mese, che individua zone di Controllo dell’espansione virale in cui è vietata la caccia, e introduce pesanti limitazioni nelle aree di restrizione 2 e 3 (corrispondenti a circa due terzi del territorio spezzino; ndr), nelle quali è stata vietata la classica ’braccata’, ovvero la caccia collettiva. In queste aree, sono consentire unicamente l’utilizzo di trappole, il tiro selettivo e la girata con 3 cani e un massimo di 15 persone per squadra; nelle medesime aree sono vietate anche le gare, le prove cinofile e l’attività di addestramento cani. Una doccia gelata per i cacciatori spezzini, che hanno deciso di mobilitarsi per chiedere una deroga, minacciando azioni pesanti. "Ci sentiamo letteralmente presi in giro – prosegue Taddei –, con le nuove regole è pressochè impossibile andare a caccia. Noi cacciatori dovremmo essere quelli cui affidarsi per arginare il problema, e invece introducono norme che ci impediscono l’attività". Un’ordinanza che arriva dopo che nei mesi scorsi tutte le squadre di caccia sono state costrette ad adeguarsi alle linee guida, ad esempio con la messa norma delle ’case di caccia’.
"La nostra squadra ha speso 15mila euro per gli adeguamenti, comprese le celle frigorifere – dice Taddei –. Abbiamo sostenuto costi esorbitanti, fatto corsi di formazione. E ancora oggi stiamo aspettando l’autorizzazione dell’Asl. Battuta di caccia in 15? La nostra squadra è di sessanta cacciatori: che facciamo, tiriamo a sorte?". Da qui la dura presa di posizione. "Ora le istituzioni devono ascoltarci, perchè siamo pronti a riconsegnare le licenze, e a chiedere il rimborso delle tasse e di tutto quello che abbiamo speso per adeguarci alle normative emergenziali. Chiediamo deroghe efficaci, che ci consentano di praticare l’attività, l’unica davvero utile per il depopolamento dei cinghiali e il contrasto alla diffusione della Peste suina. In caso contrario molte squadre non solo smetteranno di cacciare, ma sono pronte ad affidarsi a un legale per far valere le proprie ragioni". Infine, una stoccata anche al diverso trattamento che sarebbe riservato ai fungaioli. "Nell’ultimo week end le nostre zone sono state prese d’assalto, eppure non credo che i cercatori di funghi siano oggetto di attenzioni e controlli così come i cacciatori: forse non sono vettori e non veicolano il virus?".
Matteo Marcello