
Ventisette nel 2040, fra 18 anni; 65 già nel 2070 fra poco meno di 50 anni e 122 nel 2100. Sono i centimetri di cui si innalzerà il livello del mare nel golfo della Spezia. A delineare il trend è un oceanografo di spicco, Sandro Carniel, direttore della Divisione di Ricerca del Centro di Ricerca e Sperimentazione Marittima della Nato con sede in viale San Bartolomeo, dirigente di ricerca presso l’Istituto di Scienze Polari del CNR a Venezia, apprezzato divulgatore scientifico oltreché autore di libri capaci di rendere la scienza abbordabile ai non addetti dai lavori, come l’ultimo "Il mare che sale" che affronta il tema dell’innalzamento del mare per effetto dei cambiamenti climatici. I numeri che fornisce sono connessi alla media di innalzamento del mare registrata dal 1995 al 2014 "con il treno attuale, se i ghiacciai fondono poco per volta senza eventi improvvisi" puntualizza dando portata prudenziale alle previsioni. "Ma visto che dei ghiacci sappiamo poco e visto come sta andando nel permafrost (il terreno perennemente ghiacciato, che si trova tra l’estremo Nord Europa, la Siberia e l’America Settentrionale) che rilascia sempre più Co2 e metano, abbiamo una certa probabilità che a fronte di eventi improvvisi legati alla fusione dei ghiacci i numeri siano più alti"
Facciamoli...
"Trentatré centimetri nel 2040, 92 fra una cinquantina di anni e 200 centimetri fra un’ottantina".
Ha detto con una certa probabilità...Può indicarla?
"Più di 2 meno di 5 probabilità su dieci".
Roba da mandare la città sott’acqua...
"E sì. Tenendo conto anche dal ritmo accelerato degli eventi meteo estremi. Problematiche immense!"
Che fare?
"Pianificare gli spazi marini tenendo conto del trend, disegnare il waterfront in modo che rimanga utilizzabile per centinaia e non decine di anni, realizzare ferrovie costiere in modo che le crescenti tempeste marine non la spazzino via, alzare interi tratti di città.... Adesso, subito. Non sono cose che si realizzano in qualche mese!"
Il campanello di allarme non è certo una novità. Ma in tempi in cui la percezione del cambiamento climatico è più forte che nel passato è più facile capire che davvero occorre correre ai ripari. Chi lo pensa da tempo è lo spezzino Luigi Merlo, nelle sue vesti di presidente di Federlogistica. "A causa del cambiamento climatico, nei prossimi 20-30 anni il mare si alzerà mediamente di 30 centimetri, mettendo a rischio la funzionalità di quasi tutti i nostri porti" aveva detto il 13 ottobre 2021 nel corso della presentazione, a Firenze, del progetto europeo Co.Cli.Co., costal climate core service deducendo che l’Italia appare impreparata all’emergenza annunciata.
"Dai nostri porti - riflette Merlo - passala stragrande maggioranza delle materie prime e dei prodotti alimentari, farmaceutici, elettronici. Ma i nostri porti resisteranno agli effetti del cambiamento climatico e dell’innalzamento del mare? Venezia è solo la punta dell’iceberg di quello che accadrà a molte città di mare che nell’arco di qualche decennio rischiano di finire sott’acqua. E oggi in Italia, contrariamente a quanto accade per esempio in Olanda, non esiste un apposito piano di resilienza".
Da qui l’avvio del progetto lanciato da Enea e Federlogistica, a cui partecipano i principali centri di ricerca europei con l’obiettivo di realizzare la mappatura delle infrastrutture costiere europee a rischio e individuare soluzioni tecniche adeguate. Il tema è attenzionato dall’Autorità di sistema portuale della Spezia che figura tra i partecipanti al progetto ed è alle prese con la messa a punto dei progetti di ampliamento del porto.
Corrado Ricci