REDAZIONE LA SPEZIA

La Brina torna in Tribunale. Una storia ai titoli di coda

Scaduti i temini delle indagini preliminari: la perizia non è ammissibile. Nessun provvedimento sull’impianto di trattamento dei rifiuti contestato.

Il rilievi effettuati alla cava dai carabinieri forestali (foto di archivio)

Il rilievi effettuati alla cava dai carabinieri forestali (foto di archivio)

La vicenda della cava della Brina si avvia ai titoli di coda. La vicenda ambientale partita a marzo 2017 dopo il sequestro da parte dei carabinieri forestali intervenuti sull’ex cava di serpentino chiusa dopo anni di attività sulla collina di Ponzano Magra, alle spalle della ceramica Vaccari. L’allarme era scattato dopo le segnalazioni di un gruppo di residenti della zona e dopo i rilievi effettuati nel corso del riempimento della collina predisposto da un progetto del Comune di Santo Stefano Magra. Ieri il nuovo colpo di scena in Tribunale a Spezia relativo non più al sito, per il quale erano già emesse le assoluzioni, ma all’impianto di recupero del materiale da conferire per il riempimento della collina. Il giudice Selene Ruberto non ha ascoltato il perito incaricato dal pubblico ministero per scadenza dei termini accogliendo così l’eccezione presentata dai difensori dell’azienda di trattamento dei materiali. Una lunga relazione iniziata nel 2019 che però non è stata utilizzata. Nei mesi scorsi il giudice Acerbi aveva chiuso la prima fase della vicenda. Accogliendo la difesa dei legali Andrea Corradino e Fabio Sommovigo la cava della Brina non era risultata una discarica e soprattutto non riempita con metalli pesanti o inquinanti per l’ambiente e per la falda acquifera che per altro non è presente al di sotto dell’ex cava come ipotizzato. Si è chiusa così la lunga battaglia iniziata a marzo 2017 col sequestro dell’ex cava di serpentino sulla collina di Ponzano, alle spalle dell’ex Vaccari, conosciuta come la Brina. Il sito da tempo non era più idoneo per l’escavazione e era entrato in un percorso di riambientalizzazione programmato dal Comune di Santo Stefano Magra che prevedeva il riempimento della collina con terra asportata nei cantieri. Dopo l’assoluzione, perchè il fatto non sussiste, di Renato Capaccioli, Paolo Vagaggini per il quale il pm aveva chiesto 3 anni difeso dall’avvocato Andrea Corradino e la società Inerteco difesa da Fabio Sommovigo ieri in aula è entrato l’impianto di recupero del materiale poi conferito in collina. Ma la relazione del consulente tecnico incaricato dal pubblico ministero non è stata presa in considerazione e la vicenda si avvia dunque verso la definitiva archiviazione.

Massimo Merluzzi