
Sono tante le famiglie spezzine che hanno venduto i gioielli, a causa della crisi provocata dalle chiusure delle attività in seguito al coronavirus. Soprattutto chi ha perso il lavoro, ma anche chi è finito in cassa integrazione e a causa dei ritardi non ha avuto subito i soldi e non ha trovato altra scelta che vendere gli oggetti preziosi che aveva.
Il dato è emerso in seguito ai controlli effettuati dalla questura, non solo in città ma in tutta la provincia, sui ’Compro oro’. Soprattutto lunedì 18 maggio, il giorno della riapertura dei negozi che acquistano l’oro e anche delle gioiellerie, si è registrato un vero e proprio boom. Come se i clienti non stessero aspettando altro. Il record è rappresentato da una donna spezzina che ha venduto i suoi monili d’oro e alcuni gioielli per ricavarne 8mila euro. Nella media, le cifre si aggirano sui 2mila euro, in alcuni casi sono inferiori ai 500 euro dove il pagamento può avvenire in contanti, ma c’è stata anche un vendita da 5mila euro.
Al di là della qualità, vale a dire l’importo ricavato dalla vendita dell’oro e dei preziosi, è la quantità che ha rappresentato un dato molto sensibile, a testimonianza della crisi che ha colpito la città e la provincia.
Nei giorni scorsi, non a caso, la divisione polizia amministrativa della questura spezzina, ha effettuato una serie di controlli sui negozi di ’Compro oro’ nei comuni della Spezia e di Sarzana, per verificare la regolarità di attività particolarmente sensibili in questa fase delicata, visto che sono un punto di riferimento di chi vi si rivolge per mitigare gli effetti della crisi economica. Nella maggior parte dei casi si è trattato di famiglie costrette dalla necessità e quindi devono essere preservate da qualsiasi forma di speculazione. In tutto la polizia ha controllato 14 esercizi, di cui 3 sanzionati per le irregolarità rilevate. I controlli amministrativi sono durati tutta la settimana scorsa e proseguiranno adesso anche negli altri comuni della provincia.
Nel caso di un ’Compro oro’ alla Spezia, sono stati trovati in cassaforte dei monili d’oro che non risultavano registrati. La legge prevede l’obbligo della registrazione proprio per evitare il rischio della ricettazione. Il titolare si è giustificato dicendo che quegli oggetti d’oro erano suoi e che li aveva messi nella cassaforte del negozio per non tenerli in casa. Questo però non gli ha evitato la sanzione amministrativa di 2mila euro, in violazione dell’articolo 6 del decreto legislativo 922017. Ad un’altra delle attività sanzionate è stata contestata l’irregolarità nella gestione della registrazione delle schede contenenti i dati delle persone che avevano ceduto l’oro, anche questo un atto importante a garanzia della trasparenza e regolarità delle operazioni. Pure in questo caso il titolare dovrà pagare 2mila euro.
Massimo Benedetti