
Il Gigante di Monterosso è del 1910
Monterosso, 27 giugno 2018 - LA BUONA notizia è che il rischio di un crollo immediato appare scongiurato. Quella cattiva, che la scomparsa del monumento sarà inevitabile se, dopo aver provveduto alla messa in sicurezza, non si dovesse procedere anche al restauro e, negli anni a venire, alla manutenzione. Interventi per i quali servono soldi, molti. Il proprietario, un privato, non può farsene carico e tutto è pronto per la donazione della statua al Comune di Monterosso. Ma anche le casse comunali non possono sostenere un simile peso, ragione per cui il passaggio di proprietà potrà essere perfezionato, sulla base di un protocollo d’intesa già pronto, solo nel momento in cui ci siano certi e precisi impegni da parte del Governo a sostenere il costo del restauro e da parte della Regione a coprire i costi futuri di manutenzione.
IL GIGANTE di Monterosso, un Nettuno in cemento armato incastonato su uno sperone di roccia a picco sul mare di Fegina, torna a far parlare di sè dopo l’emergenza di un anno fa, quando alcuni pericolosi distacchi costrinsero l’amministrazione comunale a intervenire d’urgenza, chiudendo l’accesso alla spiaggia libera sotto il monumento e chiedendo nel contempo un intervento alla proprietà, la famiglia veronese del notaio Maurizio Marino.
LA NOVITA’ è che da alcuni giorni il Comune ha disposto la riapertura al pubblico della spiaggia libera, forte dell’esito positivo di un sopralluogo: il Gigante è ingabbiato all’interno di ponteggi in ferro, installati dai proprietari, e l’intervento di messa in sicurezza, sotto la direzione dell’architetto genovese Angela Zattera, avrebbe scongiurato pericoli immediati di nuovi crolli. Non è stato però revocato il divieto di balneazione, proprio a causa della permanenza dei ponteggi intorno alla statua.
QUESTO pur necessario intervento di messa in sicurezza non basta per assicurare la sopravvivenza del Nettuno, alto 14 metri e pesante 170 tonnellate, realizzato nel 1910 dall’architetto Francesco Levacher e dallo scultore Arrigo Minerbi a ornamento della vicina villa Pastine, dimora Liberty di un emigrato che aveva fatto fortuna in Argentina andata distrutta durante l’ultima guerra. La costruzione del Gigante ebbe un testimone d’eccezione: Eugenio Montale, all’epoca quattordicenne, che a Monterosso trascorreva le vacanze nella vicina villa di famiglia. Più tardi, il poeta definirà villa Pastine “un sogno o, per l’architettura razionalista, un delirio!” e l’annesso Colosso “un’improponibile copia della Statua della Libertà”. Tant’è il Gigante – pur dopo aver perso la terrazza a forma di conchiglia, il tridente e pezzi di braccia e di gambe – ha resistito. Ma non potrà resistere ancora per molto, insidiato da venti, mareggiate e tempeste che hanno progressivamente eroso il cemento armato, dopo i consistenti danni già causati dalla guerra.