Il fascino delle soluzioni digitali e hi-tech. "Sfide estetiche per una vita sostenibile"

Ex calciatore professionista, ora alla guida di un incubatore di start-up, Federico Smanio racconta il volto ‘piacente’ dell’innovazione

Federico Smanio, ex calciatore e amministratore delegato di Wylab

Federico Smanio, ex calciatore e amministratore delegato di Wylab

La Spezia, 23 settembre 2021 - Quarantotto anni, veronese, una laurea in Economia a Bologna e un passato da calciatore professionista, Federico Smanio ha intrapreso una nuova carriera nello sport dentro la Lega Serie B, dove dal 2010 ha sviluppato l’area marketing e disegnato l’intera strategia digitale e social. Poliglotta – parla inglese e spagnolo e, a livello intermedio, il mandarino – da novembre 2018 è amministratore delegato di Wylab, il primo incubatore di start up sport-tech in Italia, con la missione di portare l’innovazione nel mondo dello sport. In Wylab gestisce un portafoglio di 10 aziende partecipate altamente innovative. Da sempre appassionato di temi digitali e inguaribile gourmand, pratica il running con un personale di 1.21 sulla Mezza maratona.

Smanio, sabato tre personaggi profondamente diversi per formazione culturale e impegno professionale – un imprenditore, una direttrice d’orchestra e uno scrittore – si confronteranno, per iniziativa del nostro giornale, sul tema della bellezza intesa come valore universale, capace anche di trasformarsi in opportunità di sviluppo. La ricerca nel campo dell’innovazione può essere anche bella? "Chi si occupa di certe materie in genere si preoccupa dell’efficacia delle soluzioni e di risolvere problemi. Pensandoci, però, la mia risposta è sì. Sono convinto che trovare soluzioni per una vita più sostenibile, per esempio con progetti digitali capaci di evitare code allo stadio o individuare applicazioni di intelligenza artificiale per prevenire infortuni sul lavoro, sia intrinsecamente bello, affascinante".  

Lei pensa che il patrimonio ambientale di cui la Liguria dispone, incommensurabilmente bello, possa diventare una risorsa economica vera? "Viviamo in una regione che è un laboratorio naturale: ci sono mare e montagne, porti, città, coste di ogni tipo, il tutto concentrato in una fascia di soli 200 chilometri, nel bene e nel male. Anche in questo caso la risposta è sì, il nostro patrimonio ambientale può diventare un volano economico. Anche se, in fatto di cura del territorio, siamo molto indietro rispetto a Paesi come Svizzera o Austria. Per non parlare degli Stati uniti che hanno paesaggi belli e affascinanti, ma certo non paragonabili ai tesori di cui dispone l’Italia. Eppure là sono riusciti a valorizzare quei luoghi trasformandoli in mete capaci di attrarre milioni di turisti. Mi vengono in mente invece i sentieri liguri, come il lungo Entella che frequento personalmente: una desolazione. Eppure basterebbe poco a sistemarli, renderli pienamente accessibili, raccontarli e trasformarli in una risorsa".  

Nel suo lavoro le capita mai di doversi confrontare, oltre che con gli aspetti tecnici di un determinato progetto, anche con esigenze di natura estetica, perseguire cioè obiettivi industriali che siano oltre che efficienti e remunerativi, anche rispondenti a esigenze di bellezza? "Difficile che il canone della bellezza rientri negli elementi di valutazione di un progetto industriale, almeno all’inizio. Ma ci sono start up che devono inventarsi meccanismi in grado di attrarre gli utenti. Nei progetti c’è una fase di presentazione, in cui si illustra la propria idea e la propria azienda, è allora che deve essere conquistato anche il cuore degli utenti. Una presentazione che colpisca e sia efficace deve essere bella".  

Nowtilus - Sea Innovation Hub è un laboratorio pilota dove le più promettenti start-up possono trovare risorse e supporto tecnico per crescere e alimentare il circuito virtuoso della blue economy. Col mare si possono fare progetti che abbiano un ritorno anche dal punto di vista estetico? "Certo. Con Nowtilus abbiamo abbiamo selezionato startup che hanno un loro impatto significativo. Una di queste, Immersea, ha come obiettivo rendere fruibili i fondali marini, spesso sconosciuti ai più. I tecnici ci vanno, creano contenuti audio video e poi li presentano in una piattaforma. Un’altra, Ogyre, ha come obiettivo raccogliere plastica in mare utilizzando i pescatori e realizzare costumi con fili di quel materiale. E ancora. C’è Beinn che punta a ripulire l’acqua da idrocarburi, utilizzando una barca-robot; oppure H2elm, con una batteria a idrogeno per la propulsione di imbarcazioni da diporto. In tutti questi progetti trovo elementi di grande bellezza".  

Presentando l’iniziativa messa in campo da Crédit Agricole e Fondazione Carispezia, nella sua veste di ceo di Wylab, lei ha definito il progetto potenzialmente dirompente. Cosa intende dire? "Il progetto, attraverso il coinvolgimento di 8 aziende e la ricerca di start up ha come obiettivo la crescita dell’economia del mare partendo dall’università, in collegamento con il Centro del mare, che fa capo a Unige. Un programma che può diventare anche un asset per le aziende, con importanti ricadute sull’occupazione. Siamo un po’ come il torneo di Viareggio nel calcio, cerchiamo nuovi talenti nel campo dell’innovazione applicata al mare. In questo senso il progetto è dirompente".