Il bene comune e il coraggio di averne cura

Roberta

Della Maggesa

Ma non c’era solo questo. Occupandoci dei dehors, quasi senza volerlo abbiamo potuto toccare temi di valenza sociale, culturale, politica. Ad esempio, ci siamo interrogati sul concetto di bene comune, perché proprio di questo si parla quando si racconta uno scorcio di piazzetta o un

angolo di marciapiede. Di questo, e del valore pubblico che ad esso assegniamo. Della cura della bellezza delle nostre città e dei borghi. Delle strategie per garantire loro socialità e vivibilità. E poi dei tanti temi cari a chi fa piccola impresa, con le proprie fatiche e di tasca propria. Non ultima, la questione del ruolo di chi

ci amministra ed è chiamato a prendere decisioni, talvolta difficili perché impopolari agli occhi di una categoria, ma che sono apprezzabili sempre quando nascono da un progetto, dal desiderio di garantire un interesse generale, non solo pensando all’immediatezza del presente, ma guardando anche a possibili benefici per il domani. Un compito non facile, sempre che lo si intenda con serietà e non lasciando correre e

sperando di non scontentare nessuno. Di cura e di bellezza la città capoluogo ha più bisogno che mai oggi che è sotto gli occhi di così tanti, più ancora di altre realtà, proprio per quella sua storia così

originale. Una storia crudele, se si vuole: privata delle fortune che il Medioevo o il Rinascimento hanno lasciato in eredità a tanti cuori d’Italia, e poi segnata dalla guerra e da un’industrializzazione stravolgente come poche altre. A tutti noi sta di fare una piccola o grande parte, nel gioco della bellezza, senza eterni rinvii.