La Spezia, 7 novembre 2023 – È il primo della classe ma quasi fatica ad ammetterlo, la domenica va regolarmente a messa e legge due quotidiani ogni mattina. Basterebbero questi tre elementi per definire Alessandro molto diverso dalla maggioranza dei suoi coetanei ma ciò che lo rende veramente raro è il suo rifiuto dei social network. "Ho whatsapp ma non sono su Facebook, Instagram o TikTok. Credo si possa vivere bene ugualmente".
Si vive probabilmente molto meglio ma fa comunque una certa impressione vedere un ragazzo di diciotto anni che non abbia contratto la malattia dei selfie. Essere immune dalla necessità di guardare ogni cinque minuti lo schermo dello smartphone per controllare in maniera spasmodica se siano arrivate nuove notifiche fa di lui una mosca bianca ma Alessandro non vive nel passato. È in contatto con il suo tempo e con tutti i problemi della sua generazione, solo li affronta da una prospettiva molto personale.
Non ti senti diverso rispetto ai tuoi compagni?
"Forse sì, ma le mie scelte non sono dettate dalla volontà di essere originale. Faccio solamente quello che mi piace fare e che ritengo giusto. Tutti i miei amici vivono connessi, io farei fatica a sopportare il bombardamento continuo di foto, messaggi e commenti. In più sui social si rimane in superficie, all’apparenza delle cose. Trovo la carta stampata uno dei pochissimi spazi dove si può praticare l’approfondimento, dove si può andare al nocciolo delle cose".
Qual è l’ultimo libro che hai letto?
"’La tregua’ di Levi, alcuni saggi di storia contemporanea e poi quello che sono il mio pane quotidiano: i libri sulla musica, la mia più grande passione. Mio papà dirige il coro di Santa Maria: è un clarinettista. Fin da piccolissimo ho respirato questa atmosfera, che ha ispirato poi tutte le mie scelte, dalla frequentazione del liceo musicale a quella del Conservatorio di Parma. Il mio sogno è diventare un concertista".
Suoni il clarinetto come tuo papà?
"No, il mio strumento è il pianoforte. Ho iniziato a sei anni, strimpellando quello che avevamo in casa. Ho poi affinato la tecnica con il mio maestro Piero Barbareschi e non l’ho più abbandonato. I miei autori preferiti sono Beethoven e Schuman, per la loro profondità e il loro romanticismo. Riescono a esprimere tutte le sfaccettature dell’essere umano".
Quanto è importante la dimensione della fede nella tua vita?
"Molto. L’estate scorsa ho partecipato alla Giornata mondiale della gioventù a Lisbona. È stata un’esperienza molto forte, che mi ha cambiato. Stare insieme a tanti ragazzi venuti letteralmente da ogni angolo del mondo – dall’Asia, dall’America Latina, dall’Africa – è stato bellissimo".
Papa Francesco durante il suo pontificato ha lanciato messaggi innovativi, a volte in discontinuità. È una figura per te di riferimento?
"Assolutamente sì, in particolare mi ritrovo nella necessità di una Chiesa in uscita, di una Chiesa vicina ai poveri, a chi soffre. Seguo anche la politica ma nessun leader mi colpisce particolarmente. Tra le figure pubbliche, nessuno ha la statura morale e la profondità di Papa Francesco. Spero che in un momento storico così complesso e drammatico in molti possano ascoltare le sue parole di pace e di fraternità".
Vimal Carlo Gabbiani