
L’animatore culturale ed esperto d’arte alla prova della narrativa con un thriller. Dal caso Orlandi alla banda della Magliana, i casi di cronaca intrecciati alla trama.
‘Aqua - Ventuno giorni con l’acqua alla gola’ è un romanzo incredibile, appassionante, che Paolo Asti, giornalista, animatore culturale, divulgatore, esperto d’arte spezzino ha scritto con estro e ingegno (con la prefazione di Francesco Maria Del Vigo e postfazione di Silvia Vaccarezza).
Come è nata l’idea di questo libro? Con un episodio scatenante o frutto di un processo più stratificato? "L’idea è nata scrivendo un testo senza un particolare perché – esordisce Asti –. Pagina dopo pagina ha preso forma il disegno di farne un testo più complesso con una sua struttura narrativa che, gli addetti ai lavori, definiscono romanzo di formazione".
Il protagonista sceglie l’arte, ma viene trascinato dentro vicende oscure e irrisolte. Quanto di autobiografico c’è in questa scelta tra passione e dovere? "Credo molto. Mi spiego: penso che abbiamo il dovere di fare ciò di cui ci occupiamo con passione e, quando è possibile, non sentirsi in dovere di fare ciò che non ci appassiona. Il protagonista sceglie di farlo".
Nel romanzo si intrecciano storie vere e finzione narrativa: come ha mantenuto l’equilibrio tra questi due piani? "Ho cercato di lavorare sia sui personaggi che sulle ambientazioni, mantenendo sempre una traccia legata ai fatti accaduti piegandone il contesto alle esigenze narrative".
Si parla di misteri italiani mai risolti, come il caso Orlandi, la banda della Magliana, i servizi segreti. Come ha condotto la sua ricerca su questi temi delicati? "Mi sono documentato approfondendo sia testi che articoli di stampa, ma andando anche a verificare alcune ambientazioni di cui non avevo contezza. Fortunatamente ho viaggiato molto trovando ispirazioni in luoghi che avevo visitato in passato".
Il confine tra realtà e finzione si assottiglia sempre di più man mano che si procede nella lettura. È un invito a diffidare delle versioni ufficiali? "Più che altro è un invito all’esercizio del dubbio come forma utile per cercare che cosa determina gli accadimenti, anche i fatti più semplici spesso hanno una verità non apparente capace di nascondere situazioni complesse".
Il lettore si trova spesso a chiedersi cosa sia vero e cosa no. Quanto le interessa che si senta ‘a disagio’ o spiazzato? "Non credo che leggendo ci si trovi a disagio, se mai in un romanzo è importante stupire il lettore per invogliarlo a proseguire con la lettura. Ma questo non è sufficiente, a partire dal protagonista, i personaggi devono saper coinvolgere con la loro personalità, la loro storia finisce per far parte del tessuto narrativo".
Lo stile è incalzante, cinematografico, quasi da thriller. Scelta narrativa consapevole? "Uscita in modo naturale. In fase di revisione ho cercato di metterla a registro al meglio, facendone un elemento caratteristico".
Cosa spera rimanga al lettore dopo aver chiuso l’ultima pagina? "Per prima cosa il piacere della lettura, poi come in diversi mi hanno scritto, la voglia di leggere una nuova storia in cui il protagonista torni in azione".
Questo romanzo arriva in un momento storico in cui molti nodi del passato riemergono. Pensa che la narrativa possa ancora fare luce su ciò che la cronaca e la politica non riescono a chiarire? "Non mi piace la strumentalizzazione di fatti accaduti per vendere copie, trovo invece utile fare approfondimenti che la cronaca, per motivi di spazio, non riesce a fare".
Il protagonista è costretto a fare i conti con un passato che ritorna. È un tema che riguarda anche il nostro presente collettivo? "Il passato, quando si manifesta, diviene presente. Il nostro presente collettivo si è trovato spesso figlio di un passato fatto di situazioni non risolte o, in alcuni casi risolte male, se non malissimo così che non può che tornare a galla".
C’è un aspetto di questo libro che vorrebbe approfondire di più, magari in un prossimo romanzo? "I buoni narratori insegnano a lasciare sempre una porta aperta per avere la possibilità di riprendere il filo di fatti o personaggi che possono avere ancora qualcosa da dire. ‘Aqua’ si svolge nel settembre del 2013, con rimandi all’83 e al ’93. Negli anni a seguire sono accaduti molti fatti su cui Rocco Chigi, il protagonista, potrebbe indagare...".