REDAZIONE LA SPEZIA

Feliciani, il processo disciplinare si arena

L’assoluzione in appello per il caso-Corini spezza la Spada di Damocle che gravava sul futuro dell’avvocato. Avanti tutta con le difese

Non solo ombre spazzate via in appello dalla giustizia penale ma anche svuotamento in corso d’opera del procedimento disciplinare che come una spada di Damocle gravava sul suo futuro professionale di avvocato. Così, con il deposito al Consiglio di disciplina del Foro della sentenza assolutoria avvenuto ieri, Giuliana Feliciani, con rinnovato slancio, prosegue l’attività forense, peraltro sviluppata (inanellando assoluzioni) anche in pendenza dell’inchiesta e del processo sulla morte del collega di studio Marco Corini e sull’intrigo testamentario connesso alla fine professionista risalente al 25 settembre 2015. "Un decesso indotto dalla malattia in fase terminale e non dalla sedazione effettuata dalla sorella Marzia al solo fine di lenire il dolore" hanno stabilito, detto in estrema sintesi, i giudici di appello che, parimenti, hanno ribaltato la sentenza di primo grado anche per le contestazioni satellite che gravavano in concorso sulle due imputati e alla Feliciani.

Nell’ambito della trasmissione degli atti al Consiglio di Disciplina, vengono sottolineati i passaggi che certificano il riconoscimento della tesi difensiva sviluppata dall’avvocato Valentina Antonini. Marco Corini, pur provato dalla malattia, era capace di intendere e volere quando dettava le sue volontà il 18 settembre 2015 e, successivamente, quando le integrò con appunti scritti di suo pugno, consapevole che le rappresentazioni, per assumere valore di testamento, dovessero essere riferite al notaio per la trasfusione in un atti, circostanza programmata dalla stessa Feliciani prima che la situazione precipitasse. "Non di testamento falso si è trattato ma di una traccia dello stesso, senza rilevanza penale: un atto prodromico al successivo passaggio", evidenzia il collegio. L’ombra della manipolazione dell’avvocato Corini e degli atti falsi – "Corini non era affatto raggirabile, anzi era ancora in grado di manifestare la propria volontà e di esigerne il rispetto" è stata spazzata anche dalla lettura divergente che i giudici d’ appello, accogliendo le tesi difensive, hanno compiuto, rispetto a quelli di primo grado, in relazione alla credibilità delle rappresentazioni della giovane fidanzata dell’avvocato Isabo Barrak e dell’amico Giuseppe Rampini che disse di essersi adoperato per tutelare la prima dopo il suo sentirsi depauperata della porzione di eredità ben più elevata che l’avvocato Corini le aveva promesso senza però dare corso ad un’attribuzione valida. Di qui le mosse che i giudici ritengono ispirate dallo spirito di "vendetta" della ragazza. Dalla motivazioni emerge anche il riconoscimento della amicizia sincera fra Giuliana e l’ex collega di studio e l’approccio dubitativo dalle Corte in ordine alle rappresentazioni di Marzia Corini su quanto a suo dire riferitole da Giovanna Daniele sullo sfondo delle relazioni con i clienti dell’avvocato Corini dopo il suo decesso e le iniziative per rilevare il "brand" dello studio.

Intanto stanno per avvicinarsi i termini per un eventuale ricorso in Cassazione della procura generale della sentenza di secondo grado non ancora passata in giudicata. Ma gli effetti di questa pesano sul procedimento disciplinare di fatto svuotato.

Corrado Ricci