Un futuro ancora tutto da scrivere, tra una possibile riattivazione e i progetti di riconversione al palo. La centrale Enel sarà ancora tra i temi scottanti dell’agenda politica del prossimo sindaco. A tenere banco non solo il nodo legato all’utilizzo dell’area, ma anche quello occupazionale. Attualmente, con le opere di smantellamento ‘congelate’ fino a fine anno per effetto della crisi energetica indotta dalla guerra in Ucraina, la centrale conta 38 dipendenti. Altri 18 sono stati temporaneamente trasferiti a Civitavecchia fino a fine anno, nell’ambito del potenziamento delle centrali a carbone attive. L’avvenire è nebuloso: il piano degli organici deve essere ancora definito. Per i lavoratori diretti è in corso con Enel un tavolo che ha l’obiettivo di impegnare al massimo le risorse presenti sia nelle attività locali, sia per le ricollocazioni nelle altre società del gruppo che permettano una mobilità limitata al personale. A settembre inizieranno i colloqui dei dipedenti, compresi quelli distaccati a Civitavecchia. Per i lavoratori dell’indotto, in attesa dell’assegnazione delle gare di demolizione, è stata scongiurata l’immediata cassa integrazione: in corso un confronto sindacale. "Dall’annuncio dell’ad Starace sulla chiusura del gruppo a carbone entro il 2021 (datato 2015; ndr), nonostante l’iniziativa sindacale abbia sollecitato tutti gli stakeholder a essere protagonisti della riconversione produttiva dell’area Enel, siamo ancora all’anno zero, sebbene il settore energetico e ambientale sia quello di maggior attrazione degli investitori e del Pnrr – dice Paolo Musetti, della segreteria provinciale Filctem Cgil –. Zero, come le future occupazioni stabili a regime rispetto ai progetti presentati. Non possiamo perdere altro tempo: servono iniziative concrete e non sterili annunci".
CronacaEnel, chiodo fisso da 60 anni Futuro nebuloso per gli operai