REDAZIONE LA SPEZIA

Dehors, siamo quasi a tappo. Gincane tra i tavoli e le sedie: "Bisogna introdurre regole"

Carozza, di Confartigianato, lancia la proposta di un piano di massima occupabilità "È necessario vincolare il rilascio di nuove concessioni a una logica di maggior tutela".

In questo inizio d’autunno i turisti che girano per la città sono ancora tanti. Sbarcano dalle navi, salgono rapidi le scale della stazione – la via d’accesso privilegiata per le Cinque Terre – ed entrano e escono dagli affittacamere trascinandosi dietro pesanti trolley sgargianti. All’ora di pranzo li trovi intenti a cercare il locale giusto per fare esperienza di quell’italian food che pregustano sin da quando sono partiti, ma la scelta non è facile. I ristoranti e le trattorie nel centro spezzino si sono moltiplicati e il ventaglio di possibilità è davvero ampio. Alcuni hanno studiato con metodo scientifico le recensioni su Tripadvisor e si dirigono con sicurezza verso il tavolo che hanno già prenotato, altri si lasciano guidare dai profumi, dall’ispirazione del momento, da ciò che vedono servire nei piatti di coloro che stanno già mangiando nei tanti tavolini all’aperto.

È una tradizione tutta italiana quella di pranzare all’esterno, nelle vie e nelle piazze, forse perché nessun altro paese ne ha così tante e così belle. "Siamo diventati una città di camerieri – dice Piero, capelli bianchi e occhi chiari, una vita passata in Arsenale –. Rimpiango il tempo in cui Spezia era un città dove ad essere protagonisti erano l’industria e le maestranze artigianali. In aggiunta tutte queste sedie e tavolini costringono pure a uno slalom continuo". Di diverso avviso naturalmente i ristoratori, soprattutto i più giovani, che hanno colto nel boom turistico della città un’occasione insperata per lavorare vicino a casa, evitando di emigrare a Milano, a Roma o all’estero. Ma su una cosa tutti concordano: serve una regia. I dehors, per stare al passo con un aumento dei visitatori che a partire dagli anni Dieci di questo millennio ha cominciato a diventare esponenziale, non solo sono spuntati come funghi ma la loro crescita è stata anche disarmonica. Per i divisori c’è il plexiglas vicino al cristallo, per le sedie la plastica rossa marchiata Coca Cola accanto al legno massello di elegantissime Chiavarine.

"Siamo giunti a un punto in cui regole chiare sono necessarie – spiega Alessandro Sevieri, titolare dell’omonimo ristorante –. Il nostro settore, dopo la brutta parentesi del Covid, ha ripreso a correre. C’è lavoro per tutti ma delle linee guida permetterebbero alla quantità di coesistere con la qualità". Mentre il cappon magro e il pescato fresco costituiscono i cavalli di battaglia dell’antica trattoria in via della Canonica, da Spezialità, simpatico bistrot all’inizio di via Prione, è la focaccia a essere protagonista. Fatta al momento e farcita con ingredienti simbolo del territorio – pesto e acciughe su tutti – è molto apprezzata come aperitivo o pranzo veloce. Il proprietario, Pierantonio Lupi, sottolinea come quello che occorre è un ragionamento generale sulla trasformazione che la città sta vivendo. "Non solo noi attori della ristorazione ma anche i negozi, le botteghe, l’intrattenimento devono tutti convivere armoniosamente per dar vita a un centro storico in cui sia lo spezzino sia il turista trovino finalmente un’offerta di qualità".

Nella gestione dello spazio pubblico una proposta per bilanciare l’iniziativa privata degli imprenditori e le esigenze di vivibilità, parcheggi e aree gioco della collettività arriva da Confartigianato. Nicola Carozza, responsabile categorie dell’associazione di Via Fontevivo, lancia l’idea del piano di massima occupabilità. "Si tratta di uno strumento di natura pianificatoria già adottata in diversi comuni italiani che consentirebbe di subordinare il rilascio di concessioni di nuovo suolo pubblico a una logica di tutela dell’interesse complessivo di tutti i cittadini". Il dibattito è aperto.

Vimal Carlo Gabbiani