
Dal seme al piatto da portata. L’orgoglio di chiudere la filiera : "Produzione raddoppiata nell’arco di un solo anno"
L’allevamento dell’ostrica è un settore con forti potenzialità. Se ne è parlato anche ieri, nel convegno politico-commerciale all’interno dell’Italian Oyster Fest. Fra i protagonisti, Paolo Varrella, presidente della Cooperativa Mitilicoltori Spezzini.
Quanto siamo distanti dalla Francia nella produzione?
"Tantissimo. Leggendo i dati ufficiali, in Italia siamo a circa 500 tonnellate, a fronte di ben 84mila – esordisce Varrella – . Il dato nazionale nostrano, oltretutto, è sovrastimato, perché tutti quelli che raccolgono i dati, che siano il ministero, le associazioni di categoria o le Regioni, vi fanno rientrare anche chi compra ostriche, le riimmerge e le rivende, oppure addirittura semplicemente chi le compra e le rivende (da Francia, Portogallo e Spagna in particolare, ndr.). Il nostro ragionamento, invece, è legato all’allevamento delle ostriche partendo dal seme. E a questa edizione del festival sono presenti proprio questo tipo di ostricoltori".
Alla Spezia come vanno le cose?
"La produzione spezzina è raddoppiata rispetto all’anno scorso e parliamo di 10 tonnellate. Purtroppo, dobbiamo fare di necessità virtù e quindi stiamo mettendo in produzione un numero esagerato di seme di ostrica, perché siamo in ginocchio coi muscoli, a causa delle orate. Occorre garantire un reddito ai soci della cooperativa, facciamo impresa e questo è l’unico modo di tamponare le perdite di mitili causate dalla voracità di quei pesci. Alleviamo da 20 anni ostriche che hanno una pezzatura dai 60 ai 100 grammi, non certo da 200250 grammi come a volte si vedono in giro, che hanno una certa tornitura. Non sono calibrate perché non siamo ancora in grado di farlo, anzi per la verità qualcuno di noi lo fa, ma a mano e quindi se le fa giustamente pagare più care".
La soluzione per lanciare il settore passa dall’industrializzazione?
"L’idea italiana è aumentare la produzione, visto che secondo diversi analisti la prospettiva di crescita è praticamente illimitata. I francesi, da anni, hanno attivato una politica di agricoltura industrializzata usando macchinari e servendosi di automatismi. Per esempio coltivano nelle zone di mare nel nord con i trattori, quando c’è la bassa marea. Noi dobbiamo lavorare con le nostre barche, non abbiamo la marea che asciuga le ostriche, dobbiamo tirarle a bordo, asciugarle e rimetterle in mare. Dobbiamo adattare questi progetti ai nostri mari e cercare di colmare il gap con la Francia".
In particolare qual è la situazione attuale?
"L’innovazione passa attraverso nuovi contenitori, strutture, attrezzi, che consentano di lavorare molte più ostriche con minor fatica e in minor tempo. L’idea del muscolaio con la sua barchetta, che si muove a remi tra i vivai sta tramontando. Pur mantenendo un profilo di sostenibilità molto elevato, visto che per pochissime ore sono accesi i motori delle imbarcazioni, i macchinari sono ormai divenuti necessari per il nostro comparto".
Arriveremo, intanto, al marchio di qualità Ostriche Italiane?
"È quanto ci siamo prefissati, è un passaggio necessario. Fondamentale, innanzitutto, è stato creare un gruppo operativo degli ostricoltori italiani. C’è grande affiatamento con le varie marinerie, ci scambiamo materiale, video e soprattutto ci confrontiamo sugli errori. Sono molto contento, al di là del festival, perché sono tutte persone in gamba e motivate. Abbiamo perfino realizzato un primo manuale di ostricoltura e stiamo iniziando a compiere un ragionamento unitario per la formazione professionale e la ricerca dei materiali".
A proposito di mare, qual è il primo... scoglio da superare?
"Le ostriche, in media, viaggiano sui 12 euro al chilo, poi c’è chi le vende al pezzo, sono più curate, con una tiratura limitata e ad un prezzo più elevato. L’obiettivo primario del festival è far comprendere come l’ostrica sia sempre stato un cibo popolare. Bisogna sfatare questo mito dell’ostrica quale bene di lusso, recuperando la cultura del ‘crudo’".
Questo, però, porta ad altre considerazioni...
"Chiederemo infatti l’abbassamento dell’Iva. È assurdo che le vongole, con un costo di 20 euro al chilo, abbiano l’Iva al 10%. A noi Mitilicoltori Spezzini produrre ostriche costa tra i 7 e i 10 euro e paghiamo l’Iva al 22%. Inammissibile. In Francia è al 10, in Portogallo è addirittura al 4. Per questo vorremmo un’equiparazione".