Dai tubolari ai tubi idraulici. La seconda vita di un gregario. Franceschini si racconta: "Il Giro è qualcosa di speciale"

Il campione sarzanese ha partecipato anche a un’edizione dello storico Tour de France. Oggi lavora in Acam Acque. "Nel 1986 sfiorai la vittoria della tappa di Sarzana. Che peccato" .

Dai tubolari ai tubi idraulici. La seconda vita di un gregario. Franceschini si racconta: "Il Giro è qualcosa di speciale"

Dai tubolari ai tubi idraulici. La seconda vita di un gregario. Franceschini si racconta: "Il Giro è qualcosa di speciale"

Anni di fatica per tenere le ruote del campione e aiutarlo a raccogliere il frutto più bello della vittoria. Un lavoro oscuro quello del gregario che soprattutto nel mondo del ciclismo ha sempre avuto un significato speciale, declinato con nelle accezioni positive di fedeltà e affidabilità. Marco Franceschini è stato un gregario della bicicletta, un professionista che è partito dai ragazzi del Foce Magra La Pace arrivando a disputare le più importanti e prestigiose corse al mondo, lavorando sulle due ruote per guadagnarsi l’ingaggio anno dopo anno senza mai raggiungere cifre da capogiro. Tanto che, una volta sceso dalla bicicletta, ha iniziato la sua carriera da dipendente di Acam. "Un tempo non si guadagnava poi così tanto e così dopo una parentesi da direttore sportivo ho avuto la possibilità di entrare in Acam e ancora sono al lavoro. Anzi, proprio per questo non so ancora se riuscirò a vedere passare domani la tappa". Marco Franceschini, classe 1960, nativo di Fiumaretta anche se sarzanese a tutti gli effetti. È stato un ottimo ciclista, professionista dal 1981 al 1989, capace di correre ben 7 Giri d’Italia, 6 Giri di Spagna, 5 Giri di Svizzera e 1 Tour de France.

Se le dico Giro d’Italia cosa le viene in mente?

"La tappa del Gavia nel 1988. Una giornata che è passata alla storia del ciclismo perchè caratterizzata da una tempesta di pioggia, vento e di neve. Una fatica indescrivibile ma allo stesso tempo un ricordo indelebile".

Cosa prova un atleta a disputare una competizione di questo valore sportivo che fa parte anche della storia del Paese?

"Ti metti in mostra e sai che facendo bene riuscirai a ottenere un contratto anche per l’anno successivo. In ogni squadra c’è un capitano e si corre per aiutarlo a vincere, gli altri componenti sanno che devono faticare anche per lui".

Maggio 1986, arrivo del Giro a Sarzana. Cosa ricorda ?

"Sono andato in fuga ormai in prossimità della città. Avevo una carica incredibile perchè respiravo aria di casa e in queste situazioni viene quasi istintivo andare a cercare il successo. Pensavo davvero di potercela fare e già intravedevo il traguardo di via Muccini. Poi dietro hanno cominciato a spingere e mi hanno ripreso. Peccato".

Differenza tra Giro d’Italia e Tour de France?

"Il Tour è davvero una grande corsa. Ma il Giro per noi italiani è qualcosa di speciale, è tutto".

Quali colleghi ricorda con particolare affetto?

"Ho con corso con Lucien Van Impe, sono amico di Magrini, Colagè, Algeri. E poi ho visto secondo me il più forte in assoluto: Bernard Hinault. Uno che dirigeva il gruppo con il suo carisma e una classe straordinaria. Poi ho conosciuto e gareggiato con Moser, Argentin, Saronni, Fignon".

Segue ancora il ciclismo?

"Certamente, è una passione. Rispetto al passato è molto cambiato, basti pensare alle attrezzature tecniche, al peso della bicicletta. Però si deve sempre pedalare e fare fatica ma anche certe tappe di montagna sono differenti".

E gli ingaggi?

"Ai miei tempi i gregari non guadagnavano tanto, forse poco più di un operaio, con la differenza che l’attività era molto più breve. Adesso non so, ma non credo che a parte i big il resto navighi nell’oro".

Dalla bicicletta ad... Acam: che traguardo è stato?

"Una volta terminata l’attività da professionista ho intrapreso la carriera da direttore sportivo nei dilettanti dell’Amore e Vita. Poi ho avuto l’occasione e sono entrato nell’azienda spezzina. Ho chiuso con qualche acciacco anche perchè le cadute si sono fatte sentire ma felice della mia carriera. Posso dire tranquillamente che sono stati bei tempi".

Massimo Merluzzi