
Costa di Murlo, stop al cemento. Il Comune vince la battaglia legale
Stop al cemento sulle colline di Costa di Murlo. Nella battaglia tra una società e il Comune sulla realizzazione di due palazzine di quattro piani sulle alture di Pegazzano, alla fine a spuntarla è Palazzo civico. Nei giorni scorsi, anche il Consiglio di Stato ha sposato la linea proposta dall’avvocatura civica, respingerlo l’appello presentato dalla società ’Il Murlo’ contro la sentenza con il Tar, nel 2019, aveva dato ragione al Comune. Nodo del contendere, le delibere con cui nel 2018 l’assise comunale guidata da Pierluigi Peracchini, a seguito della decadenza del nuovo Puc predisposto dalla precedente amministrazione comunale, aveva promosso una variante ad hoc con vincoli di salvaguardia nelle zone pedecollinari di Costa di Murlo e di Valdellora. Provvedimenti che di fatto avevano cancellato la possibilità edificatoria prevista inizialmente per l’area situata sulle alture di Pegazzano sulla quale sarebbero dovute sorgere due palazzi. Immediato era stato il ricorso al Tar dell’impresa, secondo la quale il provvedimento non era stato adottato al fine di pianificare il territorio, quanto per sopperire alla mancata approvazione registrata nei mesi precedenti dell’approvazione del nuovo Puc, chiamato a sostituire quello del 2003 sul quale, già nel 2011, il Comune aveva introdotto misure di salvaguardia ad hoc che avevano impedito l’edificazione per tutta la durata del procedimento del nuovo piano regolatore. Il Tar aveva respinto il ricorso, sostenendo che la proposta della variante e i suoi atti di adozione e approvazione fossero il risultato della volontà espressa dalla maggioranza politica comunale di bloccare definitivamente l’edificazione sulla collina della Spezia.
Motivazioni in gran parte confermate anche nel secondo grado di giudizio, con i giudici del Consiglio di Stato che hanno respinto l’appello della società. "La persistenza della volontà amministrativa, a prescindere dal colore politico delle maggioranze, di ridurre la cementificazione e il consumo del suolo – si legge nella sentenza – è sintomo del fatto che l’atto impugnato non ha lo scopo precipuo di prorogare indebitamente di una misura di salvaguardia, ma di modificare in modo definitivo l’uso del territorio comunale. È l’impatto complessivo del progetto sulla zona di interesse, contrassegnata da fragilità dal punto di vista ambientale e idrogeologico, oltre che da una densa edificazione, ad avere indotto l’amministrazione a ritenere non opportuna l’edificazione massiccia e concentrata che esso mira a realizzare. La scelta dell’amministrazione non appare né illogica né irragionevole".
Matteo Marcello