REDAZIONE LA SPEZIA

Caso D’Aprile, omidicio studiato Perché la condanna all’ergastolo

Depositate le motivazioni della sentenza emessa dalla Corte di Assise nei confronti di Ruggiero "Lasciò il cellulare in caserma per non avere ripensamenti dell’ultima ora sull’obiettivo da perseguire"

Fu un piano studiato con determinazione al punto di rinunciare al rischio del ripensamento dell’ultima ora. E’ la convinzione che, il 29 giugno scorso, ha indotto la Corte di assise della Spezia – presieduta dal giudice Diana Brusacà – a condannare all’ergastolo Francesco Ruggiero per l’uccisione a colpi di pistola del ’rivale’ Vincenzo D’Aprile. E’ scritto nella motivazione della sentenza, fresca di deposito, per il delitto che si consumò in piazzale Ferro, l’11 marzo del 2019: 84 pagine di ricostruzione dinamica e psicologica delle azioni del (fino ad allora irreprensibile) sottufficiale dell’Aeronautica in forza dalla base di Cadimare, paese dove maturò la relazione con Nicoletta Nocivelli, moglie del ristoratore D’Aprile da cui la stessa era separata ma col quale aveva riallacciato i rapporti per recuperare la relazione col figlio. Dalla motivazione emerge, ancorata alle testimonianze, non solo la descrizione dell’agguato e del colpo di grazia ma anche l’insieme degli elementi della premeditazione sostenuta dal procuratore Antonio Patrono e dal sostituto Monica Burani che poi ha svolto la ficcante requisitoria finale: la pistola portata con se da Ruggiero (con la incosistente giustificazione di voler andare al poligono di tiro, quel giorno chiuso), l’auto presa a noleggio per non farsi rinoscere durante la marcatura stretta di Nicoletta fino all’incontro programmato col marito, la borsa con gli effetti personali preparata nella prospettive del carcere e il cellulare spento, lasciato in caserma. Una decisione quest’ultima letta dai giudici come la dimostrazione di volontà di Ruggiero di non avere ripensamenti dopo l’sms-provocazione scritto la sera del 10 marzo per l’invio a Nicoletta non partito dall’apparecchio a sua insaputa per mancata copertura di linea.

In esso – oltre ad apostrofare con maleparole l’ex amante che lo aveva reso edotto dalla volontà di rinunciare alla causa di divorzio e ’dipingere’ con epiteti pesanti il rivale – concludeva con la frase "ci sarà occasione per incontrarci tutti insieme...".

La Corte ha letto quella prospettiva in connessione con l’sms inviato il 3 marzo a Nicoletta: "Tutto si aggiusta specialmente se farà la fine che deve fare chi la farà". E aver lasciato il cellulare il caserma la mattina dell’11 marzo costituisce cemento all’impalcatura accusatoria che ha retto fino alle conseguenze estreme: la condanna all’ergastolo. Massima pena, con corredo di condanne al pagamento di provvisionali - sulla via del risarcimento danni integrale - ’calibrate’ in relazione all’intensità dei legami e dello choc-arrecato: 150mila euro al figlio Gregorio (contro il quale Ruggiero puntò la pistola prima di darsi alla fuga), 130mila alla figlia Micol, 100 mila alla mamma Rita Maria Marchegiani, 75mila alla moglie Nicoletta Novelli, 50mila al fratello Massimo, tutti familiari della vittima assistiti dagli avvocati Andrea Corradino e Silvia Rossi. L’avvocato Maria Concetta Gugliotta, difensore del condannata, sta intanto studiando le motivazioni del verdetto in vista dell’appello, già annunciato, fin dalla lettura del verdetto,

Corrado Ricci