
La Spezia
"Il senatore Alberto La Marmora fu il più tenace oppositore del disegno di Cavour che voleva l’Arsenale nell’attuale collocazione. Se le cose non fossero andate così, oggi Spezia sarebbe solo un piccolo borgo. Mi domando quanti La Marmora ci siano ancora in giro". Non rinuncia all’ironia Luigi Merlo, oggi responsabile dei Rapporti istituzionali per l’Italia del Gruppo Msc e presidente di Federlogistica, già consigliere del ministro Graziano Delrio: uno che di questioni portuali ne mastica da decenni, considerato anche il passato ruolo di presidente dell’Authority genovese e numero uno di Assoporti. Alle spalle ha anche una lunga esperienza di amministratore pubblico come assessore a Trasporti, porti e logistica di Regione Liguria e prima ancora da vicesindaco di Spezia. Arsenale a parte, ha sempre creduto nelle potenzialità della portualità ligure, ma non si nasconde che di fronte alle sfide epocali che il sistema dovrà affrontare – concorrenza nazionale e internazionale ed emergenze climatiche su tutte – per tenere il passo serviranno nuove visioni programmatorie e più efficaci strumenti progettuali. A cominciare da un ’vero’ ministero del mare. Tema che ha sviluppato nel libro da poco dato alle stampe (’Rivoluzionare la politica marittima italiana. Per un vero ministero del Mare’, edizioni Guerini e associati) dove, in oltre 200 pagine, conduce un’articolata analisi sul sistema italiano, delineandone limiti e potenzialità.
Merlo, un nuovo ministero c’è e, con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale a fine ottobre, anche il primo Piano del mare. Non sono strumenti sufficienti?
"La realtà è che serve un vero coordinamento con poteri reali su materie come la pianificazione del waterfront, l’omogeneità dei piani regolatori, eccetera. Non è solo questione di mare e portualità, il futuro è energia offshore, sicurezza delle infrastrutture, cambiamenti climatici, nel quadro di una visione unitaria che finora è mancata. In questi settori l’Italia dovrebbe avere un ruolo guida, invece siamo dietro. L’unico collante nazionale dell’attività portuale sono le capitanerie di porto".
In sostanza, auspica un ministero tutto nuovo, con poteri e competenze ad hoc.
"Non solo lo auspico, ma nel libro do precise indicazioni sulle materie di cui dovrebbe occuparsi".
Ci sono le condizioni politiche per andare in questa direzione?
"Allo stato no. Giorgia Meloni voleva farlo, ma le varie strutture ministeriali non hanno voluto cedere competenze. E’ solo questione di tempo, però ci si arriverà".
Cosa manca nell’attuale assetto della portualità nazionale?
"Per esempio un vero progetto nazionale di resilienza rispetto al cambiamento climatico in atto, penso alle opere a mare, alle dighe, eccetera. Molti paesi sono più avanti di noi, siamo all’anno zero. Eppure stiamo parlando di coste che saranno sommerse, spiagge che spariranno in conseguenza degli sconvolgimenti climatici, legati soprattutto all’aumento della temperatura. La ricerca c’è, manca una vera politica uniforme per il mare".
A proposito di sconvolgimenti climatici, cosa pensa che succederà da noi?
"Gli studi di Enea non lasciano dubbi: di qui al 2100 il mare si innalzerà da 40 centimetri a un metro, senza considerare le emergenze meteorologiche, con mareggiate violente ed erosione della costa. Spariranno attività imprenditoriali e infrastrutture. Anche il patrimonio immobiliare costiero è a rischio".
Emergenze future a parte, quali sono i punti di forza della portualità spezzina?
"Intanto la sua collocazione geografica, già colta da Cavour. E poi la presenza di realtà importanti sul versante della ricerca, come l’Enea, e dell’economia marittima. E la Marina militare".
A proposito di Marina, il Polo della subacquea sembra segnare il passo.
"Credo che ci sarà un’accelerazione, le risorse non mancano, così come la necessaria condivisione del progetto. Per Spezia si tratta di una grandissima opportunità".
I limiti invece dove stanno?
"Occorre una maggiore capacità progettuale in un’ottica di innovazione. Ci sono progetti fermi da anni, come il nuovo waterfront, serve un forte impegno per le infrastrutture a mare, i collegamenti ferroviari, la digitalizzazione. Importante sarà anche sostenere i settori in crescita come la mitilicoltura. Insomma, bisogna recuperare il terreno perduto, e correre. Magari ritrovando una memoria storica che pare dimenticata, quella di persone che hanno legato il loro nome alla crescita del nostro porto, come Faraguti, Ravano, Bucchioni".