REDAZIONE LA SPEZIA

"Qui sparano, c’è paura ma non torno". Spezzina nel caos del Burkina Faso

All’opera per una Ong, vive il dramma del colpo di stato militare

Al centro Beatrice Carosi

La Spezia, 20 settembre 2015 – Barricata in casa assieme ai colleghi di lavoro. Fuori, scontri di piazza, spari e morti, per un Paese sull’orlo della guerra civile. Beatrice Carosi, 28enne cooperante di un’organizzazione non governativa è una spezzina nell’inferno di Ouagadogou, la capitale del Burkina Faso, stato dell’Africa occidentale dove alcuni giorni fa un golpe militare ha rovesciato il governo del presidente Michael Kafando e del premier Yacouba Isaac Zida, con lo scioglimento di tutte le istituzioni di transizione deputate a traghettare il governo verso le elezioni del prossimo 11 ottobre. Al potere è salito il generale della Rsp (la Guardia presidenziale) Gilbert Dienderé, che ha imposto il coprifuoco. E violenti sono iniziati gli scontri nella capitale e nel resto del paese, dove sarebbero stati oltre una decina i morti nei confitti nelle strade del paese tra golpisti e oppositori.

Beatrice, due lauree in studi internazionali e in economia dello sviluppo, opera per l’ong Cisv: da marzo sta coordinando proprio a Ouagadogou un progetto di sicurezza alimentare, di sostegno alle cooperative agricole locali, dopo aver lavorato in Senegal e Mauritania. «Sono assieme ad altri cooperanti italiani e francesi: ci siamo barricati nella casa di un collega, nella capitale: preferiamo stare insieme – spiega Beatrice, raggiunta ieri mattina dalla Nazione attraverso Facebook –. Quando è avvenuto il golpe mi trovavo nella sede della Cooperazione Italiana, per un incontro di formazione: siamo stati subito invitati a rientrare a casa».

Le piazze e le strade, nel frattempo, sono diventate scenario degli scontri tra le opposte fazioni. "Si sentono gli spari, ci sono barricate su molte strade della capitale – spiega Beatrice –. C’è il coprifuoco, i militari girano in moto sparando in aria per evitare i raggruppamenti di persone, ci sono stati scontri con manifestanti, tanti feriti e qualche morto". Una situazione difficile, che Beatrice cerca di affrontare il più serenamente possibile. "Durante la giornata, se la situazione è un po’ più calma, usciamo per pochi minuti a prendere le provviste nelle poche boutique aperte del quartiere, abbiamo riempito alcuni boccioni di acqua perché c’è il rischio che venga tolta – sottolinea la ragazza – . Passiamo il tempo a cercare informazioni sull’evoluzione della situazione: cerchiamo di rimanere in contatto con i nostri colleghi, gli amici, le famiglie. E guardiamo film, leggiamo libri per distrarci un po’. Sono tranquilla".

La giovane, per ora, non pare intenzionata a tornare a casa. "Lo farò solo nel caso venga chiesto il rimpatrio. Dopo mesi che lavori qui, che conosci le persone e che hai un progetto da costruire, non è facile andarsene solo perché per noi è facile prendere un aereo – aggiunge Beatrice –. Rimaniamo a vedere come evolve la situazione: per noi che stiamo in casa non ci sono grandi rischi, ma se sarà il caso ce ne andremo. Mi dispiace molto per questo Paese e questo popolo. E’ successo tutto da un momento all’altro, le lezioni si sarebbero dovute tenere fra poche settimane». E i genitori? «Sono un po’ preoccupati, aspettano notizie rassicuranti".

Matteo Marcello