
La responsabile del settore socio sanitario Stefania Branchini
La Spezia, 3 novembre 2020 - Più di settemila gli anziani soli che vivono in città. Di questi, circa millesettecento, hanno lasciato ai servizi sociali del Comune il proprio numero di telefono chiedendo di essere ricontattati. Una telefonata che ha il valore di una mano tesa soprattutto in questi momenti di emergenza sanitaria e che va oltre l’aiuto in senso stretto. Per l’anziano solo significa che al di là delle quattro mura di casa c’è qualcuno che pensa a lui, che lo chiama, che si accerta delle sue condizioni. A dare uno spaccato della delicatezza della situazione, segnalando fragilità e punti di forza delle iniziative al momento in atto, è la responsabile del Servizio socio sanitario del Comune, Stefania Branchini che sottolinea come l’isolamento degli anziani, se da una parte può servire a tutelarli dal punto di vista della salute fisica, dall’altra rischia di minarli sull’aspetto psicologico. "Ci sono anziani che hanno tanta paura di ammalarsi – spiega la responsabile del servizio socio sanitario – che si chiudono in casa senza che nessuno glielo dica. Poi ci sono altri che, invece, hanno bisogno di un contatto, di non sentirsi soli. Abbiamo provato anche a riaprire sei centri sociali però, al momento, non è possibile". Eppure quegli spazi, fatte salve tutte le disposizioni sulla sicurezza, sarebbero di primaria importanza per allontanare lo spettro della solitudine, dell’abbandono. Al momento gli uffici del servizio socio sanitario ha due percorsi aperti. Uno per chi ha contratto il Covid e convive con altre persone e uno per chi non è contagiato. "Nel primo caso facciamo la segnalazione alla Cot (centrale operativa territoriale dell’Asl) – spiega la dottoressa –. Mentre nell’altro diamo un supporto assistenziale molto importante in base alla situazione che troviamo. E qui il ruolo dell’operatore di comunità che noi abbiamo dentro i quartieri è fondamentale. In pratica si tratta di un’assistente domiciliare esperta che segnala i casi dove è necessario intervenire". Il territorio comunale è diviso in otto macro quartieri. E sono questi operatori di comunità a dare il polso della situazione riferendo a loro volta ai servizi socio sanitari le eventuali nuove situazioni di criticità. L’attività degli uffici è ad ampio spettro. "Diamo pasti caldi a domicilio – prosegue la dottoressa Branchin i – e a chi ha il Covid glielo portano sulla porta di casa. E qui ha un ruolo importante il volontariato. La nostra è soprattutto una funzione di coordinamento". Ma in questo momento il problema è che i volontari scarseggiano. "Durante il lookdown – aggiunge – queste persone che erano a casa avevano scelto di dare una mano, ma ora lavorano e dunque è più difficile reperire persone in grado di aiutare. Ora dovremo rivedere l’offerta da mettere a disposizione". Intanto resta in piedi il passaparola tra anziani. Dove il negoziante vicino casa è pronto ad accogliere eventuali esigenze. Come dimenticare il negozio di alimentari, oppure il macellaio che consegnava la spesa durante il lookdown lasciandola davanti al portone di casa dopo aver fatto uno squillo al campanello. Ma il Comune ha attivato anche il maggiordomo di quartiere. "Anche questo è un servizio aperto alla cittadinanza – conclude Stefania Branchini –. In città ne abbiamo tre e sono a disposizione per il ritiro dei farmaci, sbrigare delle pratiche, pagare bollette e consegnare la spesa a domicilio. Sono figure collegate agli operatori di comunità". Ma le situazioni critiche all’interno di un territorio riguardano anche le mamme sole con figli piccoli a carico. La loro fragilità in questo periodo si è accentuata. Prima riuscivano a sbarcare il lunario facendo dei lavori saltuari e confidando sui servizi sociali per pagare una bolletta oppure un affitto. Fino ad oggi un supporto temporaneo è arrivato da mercato solidale, Caritas e Fondazione. Ma per queste persone occorrono interventi più strutturati. Anna M. Zebra