REDAZIONE LA SPEZIA

Anarchia sul battello per la Palmaria Zero distanze e poche mascherine

Scarso rispetto delle regole per la prevenzione del contagio tra i clienti del servizio di navigazione La compagnia spiega: "Nella maggior parte delle corse tutto è andato bene. Anomalie solo nell’ultima"

Due Giugno all’insegna dell’anarchia sull’Albatros. Almeno, sull’ultima corsa della storica ed iconica imbarcazione, quella delle 18, che dalla Palmaria e da Porto Venere ha riportato centinaia di persone alla Spezia. In questa prima prova di stagione, con un servizio straordinario effettuato dal 30 maggio al 2 giugno, è stata questa a far registrare falle sulla gestione delle misure di sicurezza antiCovid. Sconosciuti seduti uno di fianco all’altro, in barba al distanziamento minimo obbligatorio, posti non regimentati a bordo, mascherine male indossate, quando addirittura non calate sul viso, mancanza di controllo sono la situazione che ci siamo trovati a vivere e che è stata denunciata anche da qualche utente sui social della Navigazione Golfo dei Poeti, che gestisce il servizio. Un quadro iniziato con il consueto assembramento di persone sulla banchina del Terrizzo, peggiorato dopo che a Porto Venere sono salite a bordo altre decine di persone. E se questo è stato l’antipasto stagionale, con i confini della regione chiusi, pare più che lecito chiedersi cosa succederà quando inizieranno ad arrivare – come si spera – i turisti. Ma andiamo per ordine.

In passeggiata Morin, tutto era organizzato a dovere: guide con il posizionamento a terra, gel per le mani presenti prima di imbarcarsi e a bordo e avvisi scritti sul comportamento da tenere. I problemi sono iniziati all’andata, su un altro battello: pochi utenti e distanze rispettate, con i gruppi distribuiti in modo uniforme sui sedili frontali, ma diverse persone, appena accomodatesi, hanno tolto la mascherina dal volto o abbassato il dispositivo sotto al naso. Situazione ripetutasi in larga scala al ritorno, dove non è stata l’unico problema. Nessun posto, a differenza da quanto accade per i bus, se parliamo di trasporti, o nei bar e perfino in chiesa, era stato regimentato. Cosa che, invece, avrebbe dovuto esser attuata secondo il documento per la sicurezza firmato dalla compagnia. Che così risponde: "In questi 4 giorni di collegamento straordinario con Porto Venere e Isola Palmaria sono state effettuate 40 corse in cui è andato tutto bene, grazie alle procedure messe in atto per la sicurezza – approvate dal Rina e condivise con Capitaneria di Porto e Autorità Portuale – e alla collaborazione dei passeggeri. Solo nell’ultima corsa del giorno 2 giugno si sono registrate alcune situazioni anomale, su cui stiamo ragionando, e che ci danno la possibilità di implementare le procedure adottate per migliorare sempre di più il servizio nell’interesse dell’utenza".

Utenza che, inevitabilmente, dovrà collaborare: se è vero che non abbiamo riscontrato controlli o ulteriori raccomandazioni, eccetto un messaggio all’altoparlante sull’obbligo di indossare la mascherina a bordo diffuso appena mollati gli ormeggi al Terrizzo, da parte di una fetta dei passeggeri non c’è stata la minima collaborazione sull’abc della sicurezza. La cifra massima dei passeggeri, fissata in 372 a fronte di una capienza di 650 persone sull’Albatros (il personale ha utilizzato regolarmente un contapersone all’imbarco), dovrebbe garantire il distanziamento, ma così non è stato, specie pensando a chi è salito a Porto Venere e si è sistemato accanto a sconosciuti mai visti prima. Il personale, salvo un’apparizione fugace sul ponte, non ha neanche provato a riprendere o a rimediare alle trasgressioni più evidenti.

E che dire delle persone accomodate schiena contro schiena? Perché si deve esser obbligati a metter il proprio zaino di fianco a sé per non avere un contatto ravvicinato con un altro passeggero? E perché non dar la possibilità di prenotare, anche per gestire meglio i flussi? E come mai nessuno ha gestito la discesa, durante la quale si sono formati immancabili e prevedibili gli assembramenti? Una mano lava l’altra, soprattutto in tempo di Covid: la compagnia, che attualmente ha 40 persone in cassa integrazione e 45 stagionali ferme a casa, deve e può riprender le attività, con le giuste misure. L’utenza, messa nelle condizione, deve fare il resto.

Chiara Tenca