
La moglie e due figlie di un arsenalotto morto a causa della malattia contratta per l’esposizione all’amianto dovranno essere risarcite dal Ministero della Difesa, in qualità di eredi, per le sofferenze fisiche e psichiche patite in vita dal congiunto. E l’effetto della sentenza del giudice del lavoro Giampiero Panico in accoglimento del ricorso dell’avvocato Roberto Quber che tutela del familiari del dipendente della Difesa anche in una causa bis, pendente a Genova, in questo caso per la perdita del congiunto e la sofferenza affettiva ed esistenziale indotta dalla sua scomparsa, cinque anni fa.
Lui, R.G., aveva lavorato in Arsenale per tre anni, dal 1975 al 1977, come operaio e per nove, dal 1978 al 1987 come disegnatore, prima di essere destinato a mansioni amministrative all’interno dello stesso arsenale. Dalla causa è emerso che è stato esposto all’amianto sia durante gli anni lavorati come operaio a bordo nave e sui moli dei bacini sia, in misura minore, nei nove anni nei quali ha lavorato come disegnatore navale. I disegnatori, infatti, si recavano a bordo delle navi in manutenzione per effettuare rilievi e misurazioni relative ai pezzi che erano da sostituire: secondo fonti Inail trascorrevano a bordo il 10% del tempo di lavoro. Anche un impiegato amministrativo all’interno delle mura arsenalizie non era esente dal rischio amianto: numerosissime erano le tettoie in eternit e i rivestimenti con cementoamianto delle tubazioni che portavano il calore in mensa, negli spogliatoi e nelle vecchie officine.
In magazzino nel 1986 erano stoccate 95 tonnellate di amianto che venivano trasportate nei bacini e impastate con il cemento a bordo nave per sostituire le coibentazioni che erano state rimosse per eseguire le manutenzioni. La Direzione dell’Arsenale spezzino si pose il problema amianto soltanto nel 1986 in seguito a proteste delle Organizzazioni Sindacali. R.G. a causa delle fibre di amianto che respirò lavorando prima come operaio e poi come disegnatore, ha contratto, dopo un lunghissimo periodo di latenza, il mesotelioma pleurico, tumore maligno della pleura normalmente causato dalle polveri di amianto aerodisperse. La malattia si manifestò nel 2015; il lavoratore è deceduto nel dicembre 2017, all’età di 75 anni. Ora la condanna del Ministero al risarcimento dei familiari: il ristoro è stato quantificato in 124mila euro da ripartire secondo la quota ereditaria. Conto alla rovescia per l’esito della causa pendente e Genova competente in materia di risarcimento dei familiari delle vittime per negligenze della Pubblica amministrazione.
Corrado Ricci