Alle due pista semi vuota. Ma poi si fanno le cinque. Due chiacchiere, un drink e tanta voglia di amicizia

Un sabato sera in uno dei pochi posti dove è possibile tirare fino a tardi. Controlli capillari dei buttafuori. Allontanato un ragazzo che aveva esagerato. .

Alle due pista  semi vuota. Ma poi si fanno le cinque. Due chiacchiere, un drink e tanta voglia di  amicizia

Alle due pista semi vuota. Ma poi si fanno le cinque. Due chiacchiere, un drink e tanta voglia di amicizia

Cena a casa con amici, un paio di drink in centro in compagnia, poi tutti a ballare. C’è chi non capisce dove sia il divertimento nell’andare in discoteca, e preferisce trascorrere il sabato sera in pantofole sul divano guardando un buon film, o magari giocando alla play. Poi c’è chi, come me, invece non può fare a meno di ritrovarsi in mezzo alla gente, di ridere e socializzare, di condividere un’emozione insieme a chi, magari, non si è mai visto prima, ma che con te ha in comune sicuramente una passione. La passione per divertirsi con amici vecchi e nuovi, per la musica a tutto volume, che ti assorbe e che ti fa fantasticare. Per i sorrisi, gli abbracci, le risate e i ricordi che ti porterai dentro.

Per me è così. Spesso. E volontieri. Ed è andata così anche sabato scorso. Occhi aperti, per annotare ogni dettaglio utile all’affresco che avrei dovuto tratteggiare. Per una serata chiamata a vestire i doppi panni, quello di amica e quello di cronista. Arrivo in uno dei pochi locali della provincia dove si balla fino a tardi. È passata da poco l’una perché prima, si sa, non c’è nessuno. Pronostico sbagliato: la discoteca è ancora semi-deserta, dentro, sì e no, ci saranno una ventina di persone. Panico. Facendo un po’ di pressione su alcuni amici riesco a convincerli a restare, e faccio bene. Passate le 2 il posto inizia finalmente a riempirsi e la gente comincia a ballare. Il target è piuttosto eterogeneo, si va da un minimo di 20, a un massimo di 35, forse anche 40 anni. Fascie di età disparate, ma anche stili diversi. I più piccoli hanno un abbigliamento eccentrico, capelli colorati e acconciature che attirano l’attenzione, trucco marcato e vestiti scuri. Quelli che si avvicinano di più alla mia età – ahimè, 30 anni – mi sembrano vestiti normali, ma sarà che ciascuno di noi reputa "normale" ciò che sente più vicino a sé...

Dentro al locale ci sono più buttafuori che girano costantemente con occhi vigili, facendo particolare attenzione al fatto che nei bagni, che hanno due ingressi separati e sono divisi per sesso, non si entri in gruppo e non si creino problemi. Per prendere da bere al bar bisogna sempre fare la fila, e i superalcolici vanno decisamente per la maggiore. Gin tonic e Cuba, soprattutto. A un certo punto spuntano amici che non mi immaginavo di incontrare quella sera, non ci eravamo messi d’accordo, ma abbiamo avuto la stessa idea. Facciamo due chiacchiere fuori, dove parlare è più facile, poi entriamo e ci mettiamo a ballare per due ore buone. La musica è bella, la gente è contenta e il clima molto amichevole. A un certo punto un ragazzo con lo sguardo spento e l’andatura ciondolante viene accompagnato all’uscita da un buttafuori.

Non so dire se fosse ubriaco o se avesse assunto qualche sostanza, quello che è certo è che sabato scorso, dentro al locale nessuno si aggirava con fare sospetto provando a proporre qualche tipo di stupefacente. Nessun problema nell’arco della serata e, soprattutto, nessuna rissa. Due ragazzi ballando si scontrano, si guardano e si chiedono scusa a vicenda. Alla fine vanno anche a prendere una bevuta insieme. Questa è una cosa che in realtà succede spesso, ma ogni volta mi rincuora. Il bar lavora a pieno ritmo fino a quando non si accendono le luci, chiaro segnale che la serata sta per volgere al termine. Sono passate da poco le 4.30 della mattina e nessuno ha voglia di andare a casa. Parte il classico "se non metti l’ultimo, noi non ce ne andiamo". Una volta ballato l’ultimo pezzo, a luci accese e guardandosi negli occhi, si può uscire. Sono praticamente le 5 e adesso si può andare a dormire. Stanchi, ma felici.

Elena Sacchelli